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Come dice Valeria, il tema dei bambini di strada è presente solo come sfondo alla trama di questo giallo, peraltro senza infamia e senza lode... E' chiaro l'intento di coinvolgere ed informare i lettori non impegnati sulla situazione del Nepal, ma il genere giallo secondo me non è adatto allo scopo: meglio semmai un report di viaggio, con più storia, più cultura, più descrizioni... e meno intrighi. Beh, almeno il ridicolo finale mi ha fatto fare quattro risate.
Non sono per niente d'accordo con Valeria. Io il libro l'ho divorato e devo dire che mi è piaciuto moltissimo! Manuela Mazzi ha affrontato un tema sociale come la vita di strada dei bambini nepalesi, senza avere la presunzione di poter risolvere il broblema,in modo originale e finalmente, per una volta, senza fare la solita retorica. Probabilmente Valeria non ha colto l'intenzione dell'autrice che mirava proprio a parlare della triste vita dei bambini di strada senza cadere nel patetico, bensì intrecciando una trama intrigante ma senza offuscare l'oggetto della denuncia del libro. E come a me, il romanzo è piaciuto molto anche ai miei amici e conoscenti ai quali l'ho regalato per Natale: un regalo e un gesto di solidarietà, che invito anche altri a fare.
Mi dispiace, ma per me questo libro è stato una vera delusione: mi aspettavo un libro denuncia sulla situazione dei bambini di strada nepalesi, ma di loro si parla molto poco in realtà. Il libro vorrebbe essere un giallo a tinte rosa, in realtà è un romanzetto con una trama che soprattutto nel finale rasenta anzi sprofonda nel ridicolo e sembra scritto da un'adolescente insicura, le sue riflessioni non hanno un minimo di profondità di pensiero e sono di una banalità sconcertante. L'unica cosa buona del libro è che metà del prezzo è destinato ai bimbi nepalesi.
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