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Anno edizione: 2005
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Malinconico magnifico primo dopoguerra viennese. Nelle descrizioni, la penna di Roth era veramente baciata dalla grazia (in alcuni punti queste cronache fatte quasi di niente ricordano il Nabokov del "Dono").
Recensioni
Sono qui raccolti, suddivisi per tematiche, alcuni dei numerosissimi scritti di Joseph Roth che apparvero su quotidiani e riviste.
Adelphi ha in programma altri volumi con simili raccolte di articoli dello scrittore austriaco, ma questo, il primo, ha come soggetto una città stremata da una guerra che ne aveva abbattuto l’economia, che aveva creato innumerevoli situazioni di disagio e che aveva fatto crollare quell’impero intorno al quale era sorta una particolare concezione della vita: si parla infatti di Vienna.
Utilissima la Premessa di Helmut Peschina al volume in cui presenta la vita e l’attività dell’autore negli anni immediatamente precedenti la Prima guerra mondiale, durante e dopo il conflitto. Le difficoltà economiche di certo sono la maggior preoccupazione del giovane Roth, ma cercherà di ovviarvi attraverso la sola capacità di scrittura e non con altri lavori forse più redditizi: poesie e articoli, feuilleton offerti ai maggiori giornali sia austriaci che tedeschi che (pur ricompensandoli con una bassissima quantità di denaro) vedranno subito in questi scritti giovanili l’ala del genio e non ne rifiuteranno la pubblicazione.
Ma, per tornare la volume in questione, si deve sottolineare come, pagina dopo pagina, si colga una perfetta continuità di “sguardo”: gli ultimi, i deboli, gli esclusi, gli “irregolari”, gli artisti e, in opposizione a questi, i profittatori, i corrotti, gli speculatori, i nuovi ricchi, beceri e volgari, arroganti e violenti.
La città, come cosa viva, mostra spudoratamente le sue ferite e il suo dolore; gli uomini e le donne che vi abitano, come vegetali, seguono il ritmo delle stagioni o, come animali, si atteggiano e si mostrano all’occhio dello scrittore, seguendo un indomabile istinto.
L’organizzazione dei testi prevede una prima serie di articoli raccolti sotto il titolo di La primavera dei caffè. Vienna, la città che ancora oggi è nota per l’eleganza raffinata dei suoi locali, mette in scena lo spettacolo della sua decadenza postbellica proprio su questi straordinari palcoscenici: i caffè.
E così è possibile giocare con le parole, vedere in questi caffè sbocciare i prezzi, lo sfruttamento dei clienti mettere fiori, e gli affari essere in pieno rigoglio: questi i segnali della primavera nei locali viennesi del primo dopoguerra. Ecco poi apparire i dehors, possono essere quelli eleganti in cui i profittatori di guerra mangiano deliziosi gelati giocando ai tarocchi, o può essere un marciapiede, un po’ erba tisica su cui ragazzi, orfani di guerra, giocano ugualmente a tarocchi. Tra i tanti brani di questa prima parte, ricorderei Artisti: siamo al Grand-Café della Praterstrasse; a ogni ora è popolato da ballerine, saltimbanchi, nani e attori, tutti in miseria, tutti pronti ad essere scelti dall’impresario, che proprio lì, nel caffè, recluta gli artisti che gli servono per gli spettacoli.
La grandezza di Roth è anche nella capacità di definire, evocandone un’immagine adeguata e mai scontata, ogni persona e ogni comportamento con un speciale termine, un riferimento logico o un collegamento simbolico, estremamente efficaci e intensi.
Ne la Proletarizzazione delle case, di cui qui sopra è riportato un breve brano, abbiamo uno straordinario esempio di come le cose siano, tanto quanto gli uomini, specchio di una situazione sociale generalizzata e di come solo l’esperienza, la coscienza di chi guarda possa animare e far parlare gli oggetti. L’ironia, questa grande opportunità che ha lo scrittore per evitare sentimentalismi o patetismi, è uno strumento di cui Roth fa abbondante uso, ironia triste, piena di affetto o di sdegno, paterna o filiale solidarietà, che accusa senza scampo i profittatori e assolve pietosamente i deboli.
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