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Per caso ho seguito il consiglio di uno scrittore che seguo su Facebook e il mio intuito mi è stato d'aiuto:libro stupendo,storia ricca di temporalità,di personaggi eclettici così come la casa in questione.libro ingiustamente poco conosciuto ma che merita, tanto è fantastico
Un libro che sicuramente tiene incollati alle pagine...O almeno, alle prime pagine. La casa di vetro è la costante, ma l'autore tratta di temi e sentimenti diversi e contrastanti: l'amore, il tradimento, la gelosia, l'omosessualità; tutti visti da una prospettiva diversa e bizzarra che, nonostante tutto, stuzzica la lettura. Ma, a un certo punto (verso i tre quarti del romanzo) comincia a diventare ripetitivo e un poco stancante. Ma nel complesso un libro discreto.
Il libro non sarà forse un capolavoro sebbene vada tranquillamente segnalato come bellissimo; sotto tutti i punti di vista. Al centro della narrazione c’è la “vita” di Villa Tugendhat, a Brno (Repubblica Ceca), virtuosismo architettonico ancora oggi da etichettare tal quale modernista e progettato, oltre che fatto costruire per una coppia di coniugi ebrei appartenuti alla ricca borghesia industriale del tempo, da quel grande architetto che risponde al nome di Mies van der Rohe, sul finire degli anni venti. L’autore inventa una storia e dei protagonisti che, pur non avendo granché a vedere con la realtà effettiva, rispettano gli accadimenti di quegli anni e le vicissitudini della casa stessa; pure con qualche cameo dedicato a personaggi noti, come per esempio Hedy Lamarr, anche se identificati da nomi fittizi. Un abile ed elaborato puzzle dove, con indubbio merito, seguendo il sogno infranto dell’alta società mitteleuropea si ripercorre la follia della seconda guerra mondiale, in tutti i suoi aspetti di orrore e sangue. Arrivando così a lasciar percepire qualcosa che va ben al di là della semplice sensazione: qualcosa di fortemente connesso ad una perdita tanto assoluta quanto perentoriamente scellerata. Un mondo che crolla. Una civiltà che implode. Uno sguardo che si cancella. Come se il futuro non dovesse più rispondere alle migliori aspettative della ragione umana. Tutt’altro che con pessimismo l’autore, alla fine, invoglia al “credo” (anche paradossale) verso una qualsiasi condizione di moderno che avanza. Dandone forma per mezzo d’una semplice, ed ancora oggi visitabile, icona architettonica. C. Matar
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