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Una ricostruzione accurata e partecipe, senza mai scadere nella retorica, dell'esistenza di due italiani purtroppo atipici, a tutti gli effetti da annoverarsi fra i componenti di quella minoranza virtuosa che emerge a restituire dignità, riscattandolo, ad un popolo che in larga parte, nella sua storia, si è spesso piegato ad assecondare il potente di turno, straniero o da esso stesso generato. Due figure rese di nuovo vive non solo nella loro esemplarità di eroi e poi martiri, ma anche attraverso la costante attenzione alla dimensione degli affetti familiari. Centrale il dilemma che vede contrapposti coraggio intellettuale e impegno nella lotta antifascista all'inevitabile sacrificio, in danno di quegli stessi affetti pur sentiti come inestimabili e fondamentali. Non solo stilizzate, ma ricostruite anch'esse nella loro eccezionalità, le figure femminili, a cominciare dalla "matriarca" Amelia. Addolora profondamente pensare alla conclusione riservata - oltraggiosamente inflitta - alle due esistenze di Carlo e Nello, all'irreparabilità della perdita e alle sue conseguenze per i sopravvissuti; almeno altrettanto profondamente amareggia dover constatare quanto poco la loro eredità sia stata raccolta nel dopoguerra. Tanto più meritoria l'opera di Fiori, nel restituire spazio e vivezza alle vite di personaggi ed uomini anomali, ma che si vorrebbe poter definire "normali", in questo libro come in altri, da Gramsci a Lussu a Ernesto Rossi fino a Enrico Berlinguer.
Recensioni
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Foa, Vittorio, Lavori in corso 1943-1946, Einaudi , 1999
Fiori, Giuseppe, Casa Rosselli. Vita di Carlo, Nello, Amelia, Marion e Maria, Einaudi , 1999
recensioni di Casalino, L. L'Indice del 2000, n. 04
Lavori in corso, risultato di una collaborazione con Federica Montevecchi, raccoglie gli scritti più importanti di Foa del periodo della Resistenza e dell'immediato dopoguerra. Contributi che dimostrano come l'interpretazione azionista del fascismo si sia soffermata a lungo sul problema del consenso. Casa Rosselli si affianca invece alle ormai classiche biografie di Fiori su Emilio Lussu ed Ernesto Rossi, a comporre una trilogia utilissima per ricostruire le vicende di una parte importante dell'antifascismo italiano e la vita e il dibattito interno a Giustizia e Libertà.
Per cogliere la continuità tra l'esperienza giellista e quella azionista, uno dei punti chiave è quello del problema della forma partito. Fiori spiega come Carlo Rosselli avesse maturato un giudizio severissimo sull'azione del Partito Socialista dopo la prima guerra mondiale: un partito rigido, settario, obbligato alla coerenza e quindi conservatore. Nel 1937, pochi mesi prima di essere ucciso, Rosselli aveva lanciato il progetto del "partito unico dell'antifascismo", che avrebbe dovuto avere come riferimenti sociali il proletariato e i ceti medi, andando però oltre - rispetto all'esperienza dei fronti popolari - l'idea di una semplice alleanza tra classi diverse. Rosselli aveva invece insistito sull'omogeneità crescente tra i vari strati sociali, legata all'opera di proletarizzazione attuata dal fascismo. Quello che auspicava non era soltanto un generale rinnovamento ideologico e programmatico, ma un superamento della stessa struttura tradizionale del partito come supporto organizzativo dell'azione politica. In Rosselli vi era la speranza che lo svolgimento della lotta antifascista potesse avere la funzione di rimettere in discussione la natura e l'identità dei partiti consolidati. Ciò che egli immaginava era una utopica sintesi politica in cui i caratteri costitutivi di Giustizia e Libertà, la sua stessa fluidità ideologica, ottenessero un più largo riconoscimento e diventassero patrimonio di tutta la sinistra italiana.
In molti degli esponenti giellisti confluiti nel Partito d'Azione queste posizioni furono accentuate fino al rifiuto dello stesso modello dei partiti politici, con lo spostamento dell'attenzione - come dimostrano gli scritti di Foa - verso i meccanismi della selezione della classe politica e verso i momenti di decentramento istituzionale (le autonomie) e di governo dal basso. Nel loro giudizio pesava non solo l'esperienza italiana, ma anche la disfatta del sistema politico francese durante gli anni trenta. In Francia, a differenza dell'Italia, era stato il sistema dei partiti a guidare il paese verso il disastro dell'invasione nazista, e i giellisti erano stati critici intransigenti della politica internazionale del Fronte Popolare. Quello che non avevano però compreso era l'irreversibilità del processo di massificazione della politica che si era manifestato in Europa negli anni trenta e che era destinato a consolidarsi anche nell'Italia dell'immediato dopoguerra.
Gli scritti di Foa rivelano come tra il 1943 e il '44 la classe operaia e i Cln fossero emersi come i più credibili poli di aggregazione per un nuovo sistema di alleanze, sia per la lotta antifascista, sia per prefigurare equilibri politici e istituzionali vicini a quelli teorizzati da Rosselli. Dopo il 1945 era però prevalsa la linea della continuità istituzionale, dell'immodificabilità dei rapporti tra le classi.
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