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"Egli è ingrassato a dismisura e parmi che l'anima s'addormenti e lentamente si svolga sotto di quell'ammasso. Talvolta dopo di un'interrogazione ei rimane immobile e distratto e conviene replicare e duplicare. (…) Egli è di una timidità che passa l'immaginazione e nel politico e nel fisico e forse anche nel regno dei fantasmi". Questa malinconico ritratto del marchese Beccaria quarantaduenne, disegnato da Pietro Verri nel 1780, conclude idealmente una carriera intellettuale intensa, ma di breve durata, che il saggio di Tessitore descrive con attenta scansione nella sua parabola ascendente e discendente. Il punto culminante coincide con la stesura e la pubblicazione del trattato Dei delitti e delle pene fra il 1763 e il 1764: prima brillante applicazione al diritto criminale dei "principi della filosofia illuminista e della teoria contrattuale e utilitaria". L'enorme successo dell'operetta, la sua diffusione in Francia accompagnata da vivaci dibattiti, la sua concreta influenza sulla legislazione italiana del Settecento (si pensi alla riforma del granduca Leopoldo di Toscana nel 1786) diedero all'autore "gloria improvvisa e repentina" che raggiunse in breve dimensioni europee. Il mito non corrisponde però alla realtà, come dimostra in modo ineccepibile questa ricerca biografica. "Forti dubbi e molte perplessità permangono", infatti, "sulla effettiva 'paternità'" del famoso opuscolo, nato dalle conversazioni fra Beccaria e i fratelli Alessandro e Pietro Verri, ma probabilmente organizzato formalmente con il decisivo contributo di quest'ultimo. Il rapporto con i Verri percorre del resto in filigrana l'intera esistenza di Beccaria e proprio "il risentimento, la gelosia, l'astio" di Pietro nei confronti del vecchio sodale, che si era impadronito dell'opera collettiva, indicano esemplarmente il tramonto della giovinezza.
Rinaldo Rinaldi
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