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Sarebbe bello se, nell’asfittico panorama della letteratura italica di oggi, Tramutoli riuscisse a diventare “uno che conta”: perché di certo è “uno che merita”. Mentre frotte di figli di papà giocano a fare gli artistelli, lui, come un Bukowski all’ufficio postale, lavora in banca per sopravvivere. Se ne rammarica? Un po’ sì, ma senza piagnistei. È capace di estraniarsi, e nel contempo essere il cassiere affidabile e gentile. “Che alla fine, quando da una cassa sarò passato all’altra, manco più si ricorderanno che io ero una specie di prigioniero politico, un dissociato, uno che scriveva poesie. Diranno semplicemente: Ti ricordi quel cassiere simpatico? Be’, è morto. Peccato. Era il più veloce”. Come sempre accade coi veri scrittori, anche la lettura scorre velocissima, fra sprazzi descrittivi di poesia non poetica, cioè incisiva e mai stucchevole, disavventure erotiche, esistenziali e sentimentali, succulenti aneddoti, peripezie da letterato fuori dal coro e da uomo allergico agli schemini bovini per ugualozzi omologati. Il tutto condito con la rara spezia che è quella sorta di semiautismo, ora orgoglioso ora quasi dispiaciuto, che è poi la cifra di ogni vero Artista: il più selvatico degli esseri, anche se agogna (incoerenza solo apparente) al conforto di una cuccia, al tepore di una tana in cui scrivere, dipingere, esistere, in barba all’imbecillità che vorrebbe sottometterti “al risucchiamento, al tentativo di essere digeriti piano piano”. Un romanzo così ricco, piacevole, gustoso, disperato, esilarante, graffiante, da impedirti, mentre leggi, di appuntarti le parti significative: i tuoi appunti sarebbero lunghi quanto il libro! Consigliato a tutti coloro che, come me, erano convinti che “scrittore italiano” fosse diventata una contraddizione in termini, e si potesse andare a pesca di buoni libri solo in acque extraterritoriali. Quanti ne conosciamo, di bancari che si credono scrittori? Tramutoli, invece, è uno Scrittore che si crede un bancario! Bravo, Giancarlo. E grazie di cuore.
"E pensare che in banca ci sono entrato vincendo un concorso da stenotipista. Una specie di stenografo elettronico. Che utilizza un pianofortino tipo Bontempi e prende accordi e acchiappa parole che poi te le metti a posto sul computer dove le hai sparate. Io che già da dieci anni scrivevo poesie. E come tutti quelli della mia generazione, sono stato massacrato dalla canzone di Venditti, quella che dice: Compagno di scuola ti sei salvato o sei finito in banca anche tu? Mentre qualche anno dopo ci si è messo pure Gino Paoli con Eravamo quattro amici al bar, che poi è vero che al bar questi parlavano di cambiare il mondo e che alla fine resta lui solo, l’anarchico poeta rivoluzionario nullafacente che uno pensa: «Ma ‘ste consumazioni come se le pagava?». Perché d’accordo che bisogna cambiare il mondo, ma quando ti fai una birra prima o poi qualcuno, anche se c’è stata la rivoluzione, il conto te lo porta". Basterebbe questa straordinaria mezza pagina a giustificare l'acquisto di questo libro, ma vi assicuro che troverete molto altro nella parabolica vicenda di questo bancario con la passione per le lettere e le belle donne.
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