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Storia di un’investigazione, di una presa di coscienza, di un percorso di scoperta e ribellione che conducono a un finale a sorpresa, Chi ha ucciso Sarah? è un romanzo esemplare dell’opera di Andrej Longo, un giallo morale e psicologico, teso, spiazzante, costantemente proteso in una ricerca che è allo stesso tempo umana e letteraria.
Napoli, una giornata di caldo asfissiante. Un quartiere residenziale, Posillipo, un palazzo antico, elegante, ben abitato. Eppure nell’androne «era così scuro che non si vedeva niente. Metteva pure un poco di paura». È qui che un giovane poliziotto di pattuglia trova il cadavere di una ragazza, Sarah, il corpo riverso, una ferita sulla fronte. «Con una mano ho provato a chiuderle gli occhi, ma continuavano ad aprirsi»: sono occhi che lo ossessiona-no, che pretendono una spiegazione per una morte incomprensibile. L’agente Acanfora viene dalla periferia, è abituato alla criminalità, ma questa volta la violenza è arrivata nelle strade dei ricchi. Che cosa c’entra Sarah, una ragazza senza problemi e senza vizi, con un delitto come quello? L’indagine è condotta dal commissario Santagata, un funzionario esperto ma difficile da inquadrare. Un uomo solitario che non si lascia sviare dalle pressioni. E così per l’agente Acanfora e il commissario Santagata gli interrogatori, le ricerche, le ipotesi, l’indagine intera sul passato della ragazza, attraverso quel mondo luminoso abitato da professionisti e gente distinta, diventa un viaggio in una palude di oscurità, in un’indifferenza cattiva e colpevole. «All’improvviso la città si era svegliata dal sonno, ma ho pensato che invece di fare giorno, continuava sempre a essere notte». Storia di un’investigazione, di una presa di coscienza, di un percorso di scoperta e ribellione che conducono a un finale a sorpresa, Chi ha ucciso Sarah? è un romanzo esemplare dell’opera di Andrej Longo, un giallo morale e psicologico, teso, spiazzante, costantemente proteso in una ricerca che è allo stesso tempo umana e letteraria.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
tutto sommato di piacevole lettura.
Si legge benissimo. uno spaccato della realtà partenopea. vari personaggi potevano essere sviluppati, ma vengono appena accennati. Il finale mette tutto a tacere. Occasione persa soprattutto per mettere in rilievo le spigolosità del commissario, il personaggio più intrigante
Questo non è solo il racconto di un delitto e delle indagini che comportano: Andrej Longo rappresenta molto di più, e questa sua esigenza di dire mostrando, di far riflettere raccontando, è una costante nei suoi lavori. La sua è una iconografia stringata dei tempi che viviamo, resa vivida, nei suoi testi con una prosa semplice, asciutta, sintetica, tanto diretta quanto tanto chiara ed esaustiva. Quella di Longo è una lettura scarna di parole ma ricca di sottesi, a tratti dura e spigolosa, ci mostra un costume dilagante come non mai prima nei nostri tempi. Andrej Longo non racconta di omicidi, relaziona di uno e un solo omicidio principe, forse l’assassinio più efferato perpetrato in larga scala ai nostri giorni. Con una pletora di esecutori, molti di questi killer neanche consci del delitto che consumano pressoché quotidianamente, neppure realizzano il crimine di cui sono diretti esecutori. Questo misfatto così svelato è la disumanità. L’inedia ed il disinteressamento nei confronti dei propri simili, il menefreghismo, la noncuranza, l’impassibilità davanti alle miserie, ai dolori, alle sventure dei propri pari. Il sonno della ragione, l’allontanamento ed il distacco tra simili, il raffreddamento dei sentimenti di amore, vicinanza, solidarietà, unione, ha generato generazioni di indifferenti, a paragone dei quali “Gli indifferenti” di Moravia buonanima ci fanno una bella figura. L’agente di polizia Acampora scopre l’omicidio di una giovanissima studentessa. Il ragazzo Acampora diviene adulto e poliziotto, si scuote nel profondo, sia per la giovane età della vittima sua coetanea, sia perché, nel suo animo ancora intonso dall’umano menefreghismo, è vivo e palpitante il sentimento dell’innata giustizia. Il finale è a sorpresa, sconcerta, fa riflettere: fin quando esisteranno persone come l’agente Acampora, però, ci sarà speranza per l’umanità. Ad onta degli indifferenti.
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