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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2013
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Magari non ho capito le intenzioni dell'autore anche perché una vera e propria trama non esiste e quella poca che si intuisce è completamente oscurata da violenza eccessiva e gratuita,tanto da risultare sempre fine a se stessa e grottesca. Non mi è piaciuto il compiacimento con cui vengono descritte situazioni così estreme da risultare ridicole. Credo che l'orrore faccia più impressione se intuito,intravisto,immaginato,quando è urlato come in questa storia,finisce per far ridere. Avete presente Giorgio Pellegrini di Carlotto? E' un personaggio che fa paura non tanto per l'efferatezza delle sue azioni,quanto per la lucida paranoia con cui le programma e le compie,Carlotto non ha bisogno di indugiare su paricolari raccapriccianti,gli basta riportare i pensieri e le riflessioni del suo protagonista per destare lo sgomento di chi legge. Ho letto da qualche parte che "Chiamami Buio" sarebbe un romanzo per stomaci forti.Non direi proprio.Chi riesce a finirlo o è un inguaribile ottimista che spera prima o poi di avere una spiegazione illuminante su trama e messaggio dell'autore o semplicemente ha del gran tempo da perdere. Mi colloco nella prima categoria
Un fumetto senza immagini. Eccessivo, forse troppo. Rosso Italiano era di un'altra categoria. Non bocciato, ma rimandato.
Per scrivere quello che scrive Massimo Rainer, ebbene sì, bisogna saper scrivere. Sembra un'ovvietà, ma non lo è: «Chiamami Buio» è un romanzo impegnativo per tutti, per il lettore tanto quanto per l'autore. Un po' di coraggio non basta, serve molto di più. Non è sufficiente saper mettere in fila le parole, non basta avere qualcosa da dire e il tempo per farlo. L'ultimo lavoro dell'avvocato milanese (che ha scelto di firmarsi con uno pseudonimo, per ovvie ragioni), è riservata a chi ha fegato da vendere e ama le vicende a tinte forti. Il linguaggio va oltre la crudezza e l'ironia che lega a doppio filo la storia, i personaggi e i dialoghi, questo va detto, non sempre riesce a stemperare la tensione. Anche perché, in fondo, se lo facesse non sarebbe giusto. Il finale che rassicura, poi, non esiste. Siete avvisati. Non vi è neppure traccia di quella giustizia che ci piace veder trionfare. C'è il male più vero in «Chiamami Buio», la malvagità che spaventa per quanto è semplice e vicina a noi tutti. Infine, come detto, la capacità narrativa non latita mai, neppure per mezza pagina. Gli ingredienti che fanno di un libro un bel romanzo «nero», insomma, ci sono tutti. Intreccio compreso. E con i tempi che corrono, mi potete credere, non è cosa da poco.
Recensioni
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