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Atlanta, 1948. Una giovane ragazza di colore viene uccisa e gettata in una discarica. Due agenti avviano un'indagine clandestina, in aperta sfida alla legge vigente dei bianchi.
«Un poliziesco pieno di mistero, un pezzo d'America che vi gelerà» – Stephen King
«Un noir di grande spessore in cui la ricostruzione storica è documentatissima, ma la precisione dei dettagli non nuoce alla scorrevolezza del racconto, alla robustezza della trama e all’intensità dei caratteri. Più ci si addentra nelle pagine di questo vibrante affresco, e più cresce l’indignazione contro la malapianta del razzismo.» – Robinson
«Che il reverendo la pronunciasse con sincerità o meno, ogni frase sembrava dare voce alle parole che tutti stavano pensando: perché gli sbirri hanno ucciso un altro di noi? Quando smetteranno?»
Diceva Faulkner che il Sud bisogna raccontarlo; che bisogna spiegare perché la gente vive lì, e anzi perché vive. Il Sud raccontato qui è quello della città di Atlanta del 1948, l'anno in cui, per la prima volta, a otto afroamericani fu concesso di arruolarsi nelle forze di polizia per pattugliare i quartieri abitati dalla propria gente. Da questo dato storico, Mullen prende spunto e inventa due personaggi profondamente umani, gli agenti Lucius Boggs e Tommy Smith, due poliziotti che, come gli altri sei del loro gruppo, non sono autorizzati a guidare un'auto di pattuglia né a mettere piede negli uffici della centrale né ad arrestare i bianchi. Quando, in un giorno di luglio, una giovane ragazza di colore viene uccisa e gettata in una discarica, Boggs e Smith, davanti all'indifferenza dei vertici della polizia, avviano un'indagine clandestina. Una decisione temeraria, in aperta sfida alla legge vigente dei bianchi. La rivoluzione si è appena messa in moto ma ha ingranaggi lenti; la macchina che abolirà la segregazione si inceppa ancora, funziona a scatti, però la caccia non ammette ripensamenti. La terra lungamente offesa e impastata di paura dove vivono i negri reclama giustizia e riscatto sociale. E allora l'indagine di Boggs e Smith sarà implacabile, il loro viaggio incendiario.
Thomas Mullen, originario del Rhode Island, si è trasferito da alcuni anni ad Atlanta in Georgia. La città è dei bianchi (titolo originale Darktown del 2016) è il suo quarto libro e, dopo averlo letto, possiamo augurarci che anche i precedenti vengano tradotti e pubblicati nel nostro paese.
Siamo di fronte a un noir duro, violento e dalla trama complessa i cui personaggi – bianchi e di colore – richiamano alla memoria altri libri letti negli anni, uno fra tutti, a parer mio, Il buio oltre la siepe per quel calcare la mano sull’importanza che la Giustizia dovrebbe avere sempre e comunque.
Eccoci dunque ad Atlanta nel mezzo di una torrida estate del 1948. La seconda guerra mondiale è finita da poco e da qualche mese, per una serie di contorti giochi politici, la polizia cittadina si è vista costretta a creare un corpo di agenti di colore. Sono otto e fra questi, Lucius Boggs e Tom Smith.
Relegati nei sotterranei umidi e sporchi della YMCA e impegnati esclusivamente a controllare il quartiere che si sviluppa intorno ad Auburn Street, altrimenti conosciuto come Darktown e popolato solo da gente di colore, benché muniti di pistola e manganello di ordinanza, hanno un incarico assai circoscritto: possono sedare risse, perseguire contrabbandieri e spacciatori, porre freno alla prostituzione, ma non possono recarsi nella sede centrale della polizia, effettuare arresti o svolgere indagini come detective. Per queste ultime mansioni devono avvalersi dei colleghi bianchi.
Odiati dai poliziotti bianchi, disprezzati dai negri di Darktown, che li vedono come la brutta copia dei colleghi bianchi – violenti e razzisti oltre ogni immaginazione – gli otto agenti di colore viaggiano in bilico tra il rispetto di quanto gli è stato insegnato nei pochi mesi di addestramento e la voglia di essere qualcosa di più, di incidere in qualche modo sulla corruzione, il marciume e l’ingiustizia che scorrono senza ritegno davanti ai loro occhi e i cui attori non mutano: poliziotti bianchi che tormentano la gente di colore, l’accusano sovente a torto, uccidono sicuri dell’impunità e vivono di tangenti.
Finché una sera, durante il turno di pattuglia, Boggs e Smith saranno testimoni di una catena di eventi che sfocerà nella morte violenta di una bellissima ragazza di colore dal passato pulito e inattaccabile, ma legata a un movimento per la difesa dei diritti dei negri e, in modo inaspettato, al deputato Prescott, sedicente sostenitore di tali diritti.
Boggs e Smith, aiutati in modo inatteso da un collega bianco e non corrotto, l’agente Rakestraw, inizieranno contro ogni legge, logica e buon senso, un’indagine privata per scoprire mandanti ed esecutore del delitto, stanchi che nessuno si preoccupi mai di far luce sull’assassinio di una persona di colore.
Mullen ha il dono di raccontare, attraverso dialoghi perfetti e un plot di prim’ordine, una storia di violenza, ingiustizia e iniquità senza farsi prendere la mano da dettagli raccapriccianti, ma comunicando al lettore un senso di assoluto sgomento di fronte alla cecità del razzismo.
Di mostrarci come tale razzismo non si manifesti solo nei confronti dei negri, a qualunque ceto sociale essi appartengano (Lucius Boggs, ad esempio, è figlio di uno dei più importanti pastori protestanti della comunità negra di Atlanta, ha studiato, vive in una bella casa e non gli manca alcunché), ma anche verso quei pochi bianchi disposti a vederli come esseri umani e non come scimmie. E con la storia principale si intrecciano quelle dei comprimari a dimostrare come nel 1948 negli Stati americani del Sud fosse ancora viva e bruciante la sconfitta nella guerra di secessione e di sicuro mal digerite o ignorate le leggi che regolavano il rapporto fra bianchi e neri. Un grande noir, dunque, questo di Thomas Mullen, ma soprattutto un gran bel libro contro il razzismo in qualunque forma esso si manifesti e un inno potente al coraggio e alla determinazione di chi ha rischiato la vita per cambiare le regole ignoranti di una società malata.
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