La clavicola di san Francesco

Lo dico subito, che non ci siano fraintendimenti: ho amato "La clavicola di San Francesco" alla follia. Sarà per la trama arzigogolata, per i diversi piani di lettura, per gli argomenti tra cui saltella come una cavalletta impazzita. Forse per tutte queste cose insieme. Lette le prime pagine, ero convinta di trovarmi davanti a un romanzo di formazione. Simile per ambientazione a quei film francesi sull'infanzia, delicati, un po' malinconici. Allegri e allo stesso tempo tristi. Dopotutto, ci vengono presentati sei bambini cresciuti dentro un collegio, scavezzacollo e combinaguai, che per potersi chiamare "I magnifici Sette" coinvolgono Dio come settimo della banda. Poche pagine, e mi sono ritrovata in un thriller alla Dan Brown. Una ricerca assurda e incredibile su una mitica reliquia capace di far dialogare con gli animali. Anzi, più che Dan Brown, la versione sardonica e sarcastica dello stesso. Una presa in giro a sé stesso, ecco. Eppure "La clavicola" non è solo questo, anzi. Riserva al lettore ancora più svolte, e riflessioni. La fede viene più volta presa per l'orecchio e svilita, affrontata, diffamata, difesa o protetta. Religione e spiritualità messe a confronto, fuse e poi distinte, per poi essere nuovamente fuse (forse). La figura di San Francesco unita alla lotta animalista, alla ricerca di un Eden favolistico dove tutti gli animali possano vivere in pace. Sono rimasta sorpresa, annichilita e piacevolmente frastornata. Accadono così tante cose, vengono espressi così tanti pensieri e opinioni, che ad ogni pagina avevo l'impressione di perdermi. Per poi ritrovarmi un quadro sempre più arricchito da nuovi dettagli. Che dire? Uno di quei libri capace di far partire più di una risata, di far riflettere, e di far guardare il mondo in una prospettiva diversa.