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Anno edizione: 2003
scheda di Carpinelli, G. L'Indice del 2000, n. 06
La cliente è il primo romanzo pubblicato da Pier-
re Assouline, già noto in Francia come biografo di Gaston Gallimard, di Simenon e di Hergé (il creatore di Tintin).
A metà del romanzo il quadro è chiaramente delineato: abbiamo le vittime, la colpevole (la cliente, appunto), le circostanze. Durante la seconda guerra mondiale in Francia, al tempo dell'occupazione tedesca, una fioraia denuncia alla polizia con una lettera anonima i pellicciai ebrei che prima avevano il negozio di fronte al suo. Piegandosi alle nuove disposizioni antisemite, i pellicciai avevano dovuto cedere la loro attività. Di fatto non avevano smesso di lavorare. Avevano cambiato indirizzo e continuavano a ricevere di nascosto i loro clienti in un appartamento. La fioraia che è stata e continua a essere loro cliente conosce quell'indirizzo e lo svela in una lettera che verrà conservata negli archivi di polizia, e scoperta mezzo secolo dopo dal narratore. Dopo un inizio un po' macchinoso, la vicenda conquista l'attenzione del lettore. Tutto ruota intorno a un angolo di Parigi, i due negozi sono l'uno di fronte all'altro come cinquant'anni prima. La domanda che spinge il narratore a proseguire l'indagine riguarda il movente della delazione. La storia assume ora un andamento patetico più vicino al registro del melodramma che non all'intelligenza affettiva di un Maigret. La fioraia, che mantiene nei suoi atteggiamenti una sfumatura razzista, ha denunciato "quelli là" sperando di ottenere in cambio la liberazione di suo fratello, prigioniero in Germania. Speranza poi delusa (e ingenua: un poliziotto francese non era in grado di ottenere un favore simile dagli occupanti; ma all'autore del libro un'osservazione simile non viene in mente). Due o tre ebrei sono morti per nulla, come tanti altri perseguitati di quegli anni. Ma non è questo il dramma al centro del racconto. Assouline si interessa alla fioraia, che alla Liberazione è stata arrestata ed è rimasta in prigione per un giorno o due. Tornata a casa, è stata scambiata dalla gente per una di quelle donne che erano state con i tedeschi: rapata a zero, è stata esposta al pubblico ludibrio, ed è stata così punita per un crimine che non aveva commesso. Ha pagato, e si è per questa via riscattata agli occhi di Assouline.
Rimane ora da scoperchiare il doppio fondo della valigia. Nel romanzo è presente una sfilza nutrita di connessioni simboliche. Seguendo questa chiave di lettura, si esce dal quadro del giallo e si entra nel campo della speculazione morale. La colpevole che è stata a sua volta vittima è la Francia, un paese che come la fioraia non ha osato per anni guardarsi allo specchio. L'errore per Assouline starebbe nel credere che si possa trovare una spiegazione facile e risolutiva di tutto. Nelle chiese non ci sono specchi, a un certo punto la fioraia va a inginocchiarsi nella cappella di Notre-Dame-du-Pardon: "Non c'era niente che le restituisse la sua immagine. Nient'altro che la sua coscienza. Ogni riflessione, lì, veniva santificata. Si era inondati da un chiarore di infinita purezza". Secondo il romanziere, nella vicenda non c'è stato neppure un colpevole definito. Alla fine si capisce che il vecchio pellicciaio Fechner, sopravvissuto allo sterminio, aveva identificato la delatrice e non aveva parlato dopo la guerra. Sarebbe questa la saggezza suprema: "Essere capaci di spiegare il Male e tacere". Tanto rumore per nulla? Non proprio: tante pagine per spiegare la riluttanza a voltare pagina. Ma quando, nella riflessione sulla banalità del male, a prevalere è la banalità, si è tentati di pensare con l'autore che quel passato non merita di passare.
Giovanni Carpinelli
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