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Nel 2008 Gabriele Salvatores decise di proseguire la liaison con Niccolò Ammaniti. Una collaborazione iniziata nel 2003 con il successo di Io non ho paura. Il regista originario di Napoli mette mano al romanzo probabilmente più celebre di Ammaniti, vincitore del premio Strega 2007, scrivendone a sei mani la sceneggiatura, assieme ai due anche Antonio Manzini, padre letterario di Rocco Schiavone e il cui risultato finale ci porta ben distante dalle distese di grano di Acque Traverse. Proponendo una narrazione lenta e nella quale diviene protagonista un amore totale verso un modo errato e violento di educare. Lo sguardo del quattordicenne Cristiano, impersonato dall’allora esordiente Alvaro Caleca, stranisce e rapisce, facendo perdere lo spettatore in un vortice di odio e amore, in cui violenza e coerenza la fanno da padroni e dove sono gli “ultimi” a poter dettare le regole di un gioco nel quale nessuno vince e dove tutti escono sconfitti. Buio e gelo, sono esaltati da una fotografia in cui i colori scuri regnano sovrani. Dove Filippo Timi, perfettamente calato nel ruolo di adepto dei regimi totalitari, dovrà ricredersi in merito all’educazione alla quale ha sottoposto il figlio. Dove il non luogo nel quale si muovono i personaggi è esaltato dalla mancanza di senso delle loro esistenze molto, anzi troppo, simili a quelle di migliaia di altri personaggi. In cui il mix fra il rapporto padre - figlio viene ad alternarsi con una storia tinta di giallo e dove sarà la figura di “Quattro Formaggi”, un Elio Germano come spesso accade sublime in un ruolo da disadattato, che funge da anticamera dei suoi successi seguenti, che alla fine lascerà non pochi dubbi sul vero senso della pellicola. Non ultima prova di celluloide di Ammaniti, che si ripresenterà sul grande schermo, grazie a Bernardo Bertolucci con Io e Te, e sul piccolo con la serie Anna, da lui anche diretta. Ma di certo una prova che merita di essere recuperata perché rappresenta un mix di riflessioni e thrilling.
Il libro di Ammaniti da cui è tratto è fantastico.. e lo è anche il film, seppure deve fare i conti con la necessità di tagliare e semplificare la storia.. resta comunque a mio avviso un film fantastico, imperdibile!!
Il libro di Ammaniti è abbastanza bello e coinvolgente,anche se il finale accomodante finisce per metterlo sullo stesso piano di mille altri esempi di genere,dove i cattivi vengono puniti e i buoni trionfano.Salvadores scegie di sfrondarlo abbondantemente(eliminando tra l'altro il personaggio di Danilo Aprea,la tentata rapina al bancomat)e rivisiona le tematiche religiose che fungevano da emancipazione dall'ipocrisia bigotta.Si concentra principalmente sul padre i suoi due "figli":uno naturale e l'altro putativo,Quattro Formaggi(che è diventato demente dopo un incidente sul lavoro,e da a Rino un pretesto in più per giustificare la sua rabbia antiborghese e paraleghista).Ma finisce per schematizzare troppo i personaggi rispetto a com'erano nel libro(a cominciare da Fabiana e la sua amica).E il dramma che si consuma in una notte piovosa e squassata dai fulmini finisce per sembrare il solito "epilogo tragico" della storia,troppo prevedibile e significativo per emozionare davvero.Deludente poi,il finale ancora più accomodante di quello del libro.Però gli attori sono bravi,ed emergono qua e là frammenti di uno sguardo su quell'Italia che vorremmo ignorare ma c'è,fatta di disoccupati,poveri menomati,bulli e compagne di scuola spocchiose e crudeli.Sarà per questo che non ha incassato granchè.Bella versione alternativa di "Knocking of Heaven's Door" in chiusura.
Recensioni
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