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scheda di Bongiovanni, B., L'Indice 1993, n. 9
"Fatta l'Italia bisogna fare gli Italiani": questa frase, spesso ripetuta come squillante imperativo pedagogico, non è stata mai pronunciata, n‚ scritta, come comunemente si ritiene, da Massimo d'Azeglio in epoca risorgimentale. È stata scaraventata nel gran calderone dei motti celebri patriottici, all'indomani della sconfitta di Adua (1896), dall'ex ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini, con l'intento di ricucire una dolorosa ferita prodotta nel tessuto civile e sociale in una fase dell'età liberale venata da più di una tentazione autoritaria. La costruzione dell'identità nazionale è stata dunque un fenomeno faticoso, perseguito in modo debolissimo nell'età del processo unitario e in quella della Destra, e inquinato in seguito da una "nazionalizzazione" spesso esogena, vale a dire segnata dalle scadenze della politica nazionale. Nei saggi contenuti nei due volumi vengono ripercorse le tappe del processo endogeno, incentrato soprattutto, com'è naturale, sulla scuola e sulla cultura. Si hanno così le gerarchie del sapere in età liberale (l'alfabetizzazione, la maestra elementare, la scuola classica, l'università), i circuiti della comunicazione informale (il teatro lirico, la stampa periodica, la moda, l'immagine dell'Italia, la cultura popolare cattolica, la propaganda socialista), la diffusione del sapere nella società di massa (ancora alfabetizzazione, scuola, università, ma anche biblioteche e unificazione linguistica) e il "fascino della comunicazione" (giornali, editoria, cinema, radio, televisione).
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