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Ho acquistato questo libriccino per curiosità. Non me ne sono pentito. Contiene soprattutto 5 lettere appassionate scritte da una monaca (?) sedotta da un gentiluomo francese, nella traduzione in francese. Le lettere, scritte spesso con uno stile incoerente, senza intervalli fra le varie frasi, comunque giustificato da un amore appassionato e dal ricordo dai piaceri goduti con il partner, esprimono benissimo i sentimenti della monaca e si leggono piacevolmente. Non esiste la versione originale (in portoghese?), ma le 5 lettere (per 32 pagine), hanno a fronte una buona traduzione in italiano. Le restanti 60 pagina raccontano l’interessante storia del libretto, che ebbe alla sua uscita, nel 1669, un grandissimo successo ed ebbe addirittura 21 ristampe nei primi 5 anni, anche perché aveva scatenato una disputa (proseguita poi per oltre 200 anni) fra gli spontaneisti, coloro che avevano accettato l’attribuzione delle lettere ad una monaca portoghese (di lei e del suo amante si è anche a lungo cercata e, a parere dei sostenitori dell’autenticità delle lettere, forse individuata l’identità) e i non-autenticisti, coloro che hanno ritenuto che l’opera fosse un’intelligente trovata di uno scrittore francese, che si è cercato di individuare (è stato tirato in ballo anche Racine). Come detto le lettere sono molto belle e anche la lettura della storia dell’opera è piacevole.
Davvero belle queste lettere! Chiunque le abbia scritte sapeva molto del cuore; la meravigliosa scrittura potrebbe essere spiegata anche come una trasfigurazione di questa grande sapienza. I critici letterari sono forse un po'cinici?
Recensioni
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scheda di Minsenti, P., L'Indice 1992, n. 5
(scheda pubblicata per l'edizione del 1991)
Nel 1669, quando Racine stava rinnovando il genere tragico con un'analisi senza precedenti dei recessi più oscuri dell'animo, apparve a Parigi un piccolo libro, destinato a diventare subito uno dei casi editoriali più controversi della letteratura francese. Si trattava di una raccolta di cinque lettere scritte da Mariane, una religiosa portoghese, al suo amante, un ufficiale francese, ormai distante e indifferente. Il loro successo era certamente legato allo scandalo di una passione sacrilega, ma, al di là di questo, i lettori erano attratti soprattutto dalla maniera nuova di descrivere e analizzare i sentimenti confessandoli senza pudori, ed esprimendoli con uno stile spesso tumultuoso, sconnesso, o addirittura delirante, che proprio per questo sembrava tanto più verosimile rispetto al tono galante e artificioso di gran parte della letteratura sentimentale dell'epoca. Un falso, frutto di un'abile contraffazione letteraria, o un testo autentico, come sosteneva anche il loro editore? Allora come oggi l'incertezza sussiste, ma in quelle lettere, veri e propri "monologhi interiori" (Spitzer), al limite tra lucidità e follia, il dolore per l'abbandono e l'esperienza dell'intollerabile crudeltà dell'amore vengono espressi con lo stesso pathos tragico di un'eroina di Racine. In un convento, reale o immaginario, di una remota provincia europea, spazio claustrofobico e simbolo degli interdetti morali, un"'isterica di genio", come Proust diceva di Racine, riesce a darci una delle testimonianze più sconcertanti di quel violento contrasto tra ragione e sentimento, interdetto e trasgressione, che percorre tutto il dibattito secentesco sull'amore.
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