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Romanzato, il personaggio diventa simpatico, pur essendo stato un fascista esemplare. Simpatico, per la sua orrenda ed inutile ideologia di guerra e di distruzione e per lo sguardo umano, troppo umano, che egli pone su questa medesima ideologia. Come avrebbe potuto presentare una tale follia se non avesse assistito organicamente allo svolgimento dei suoi eventi estremi? Estremi perché estreme erano la crudeltà e la bêtise umane che davano loro corpo e forza. Per denunciare l’orrore, ci vuole una certa presa di coscienza a cui ci si arriva vivendo l’epoca purtroppo come ci si presenta. Il destino del protagonista è una specie di remake del mito di Orfeo negli inferi. Ed è questo che rende simpatico il personaggio. Dice un poeta: "Non disprezzate mai i doni che fanno i morti // Non hanno altra cosa // La scelta non è così ampia quando si è lontani dal porto // E mai tranquillizza". Albanaia è un prezioso documento antibellico. Fa pensare a “A zia Rose” di Allen Ginsberg ove denuncia in modo crudo la crudeltà di altre tare che accompagnano la sorte umana: il dolore, la solitudine e l’inesorabile morte. Chi legge Albanaia con intelligenza e sensibilità non penserà più a fare nessuna guerra per nessuna gloria. Laddove il capitano Saccani può vedere solo gloria e grandezza, gli eventi fanno vedere il ridicolo, nient’altro che il ridicolo. È così, questi eventi c'invitano alla ri-invenzione della sostanza stessa della gloria e del linguaggio che la rende. L’autore non ha fatto l’esperto etnografo, sinistrosa moda letteraria dei nostri giorni. C'è chi va in Africa, si chiude in albergo per 2/3 giorni, incontra qualche politico locale, visita qualche scuola sulla strada che lo riporta in aeroporto, rientra in Italia e fa uscire un libro di summa conoscenza sugli africani, sui loro usi e costumi, i loro problemi, le loro miserie, le dimensioni del sedere delle loro donne e quelle dei genitali dei loro maschi! AlbaNaia è un romanzo che ridicolizza la guerra ed i suoi signori, cosiddetti eroi. Abdelmalek Smari
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