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recensione di Mosca, U., L'Indice 1997, n. 7
Dopo il grande successo del film dedicato da Tim Burton a Ed Wood, da molte storie del cinema considerato "il peggior regista di tutti i tempi", al cinema spazzatura e ai suoi protagonisti sono state intitolate rassegne e retrospettive, articoli e studi. Di conseguenza, la serie B, finalmente uscita dal mercato video, è entrata nelle riviste specializzate e nei festival, nelle università e nelle librerie, grazie alla diffusione, nella letteratura e nel costume soprattutto, della subcultura del "trash".
Per addentrarsi con un certo ordine e una certa intelligenza di sguardo in questo complesso fenomeno, è davvero consigliabile leggere il volume pubblicato recentemente da Ubulibri, scritto da Jonathan Ross, critico cinematografico nonché ideatore per Channel Four di una fortunatissima trasmissione ("The Incredibly Strange Film Show") dedicata al "trash cinema" e ai suoi eroi. Grande bestseller in Inghilterra e negli Stati Uniti, il volume è una galleria davvero molto ricca e, insieme, una storia appassionata delle più estreme e improbabili situazioni portate sullo schermo per soddisfare sin dall'epoca delle origini l'inestinguibile richiesta di vedere "oltre i limiti" da parte dello spettatore cinematografico, ma anche spesso per riempire i portafogli vergini di chi si era accollato, più o meno consapevolmente, i rischi dell'impresa di "mostrare l'immostrabile" (e spero mi perdonerete il termine spazzatura).
Percorrendo un'accurata divisione tipologica dei generi produttivi (il porno, l'"exploitation*, i "teen movies", il "gore", il "cannibal-movie", il giallo, l'horror; alcuni, come potete vedere, generi "degenerati"), puntualmente corredata da minuziose filmografie, il lettore potrà conoscere il passato oscuro di Cecil B. De Mille e di Jack Nicholson; perlustrare i passi più censurati delle opere più censurate della storia del cinema, da "Gola profonda" a "Supervixens"; trovare riuniti e commentati gli effetti speciali peggio riusciti insieme ai trucchi più impensabili (dall'Odorama al terrificante Emergo); riflettere sulla continuità della linea estetica della "carne in esubero", dai golfini aderenti di Mamie Van Doren, la "Marilyn dei poveri", alle maggiorate da cartoon di Russ Meyer; riflettere sullo sfruttamento commerciale e sul significato sociale di filoni particolari come quelli dei film sui "freaks", sui "bikers", sui nudisti e sui/per i teenager, o ancora su argomenti scottanti come l'educazione sessuale (vero e proprio trampolino di lancio per il cinema a luci rosse), la droga o la tratta delle donne bianche.
A sancire poi il carattere non soltanto hollywoodiano del cinema "off-limits", Ross dedica alcuni capitoli al cosiddetto "giallo all'italiana" di Mario Bava e del suo discepolo Dario Argento, che peraltro influenzò profondamente la Hollywood degli anni settanta, e alla nouvelle vague del cinema d'azione di Hong Kong, debitamente introdotta senza clamori da Tarantino ("Le iene" è un calco molto puntuale di "City on Fire" di Ringo Lam) e che ora sembra essersi ben sedimentata in alcune zone del cinema americano.
E se è vero che sempre più le storie del cinema ufficiali dovranno fare i conti con il "trash" e che sarà sempre più difficile distinguere tra un cinema di serie A e gli altri di serie inferiore, non può non venirci la curiosità (a noi, naturalmente, che ancora non abbiamo potuto vederlo) per l'ultimo lungometraggio di Mathieu Kassowitz "Assassin(s)", presentato a Cannes ed ecumenicamente massacrato. La curiosità per cotanto indignato sbraitare ci viene in virtù della considerazione che, visto che tutti alla "monnezza" ci siamo ormai grosso modo abituati, almeno in una quantità ragionevole, il film di Kassowitz deve forse contenerne un po' troppa. E qualcosa ci dice, infatti, che se anche di monnezza si tratta, forse non sarà proprio tutta da buttare via.
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