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Questo è Cefis, firmato da un fantomatico Giorgio Steimetz, è un libro-verità assai documentato, dal piglio ironico e a volte canzonatorio. Arriva in libreria nel 1972, ma subito viene fatto sparire. E si capisce: è la documentata «inchiesta dal vero» sul potentissimo nonché “invisibile” presidente di Eni e Montedison Eugenio Cefis, una delle figure più inquietanti e controverse della storia repubblicana, che una informativa riservata del Sismi (il Servizio segreto militare) indica come «il vero capo della P2» e che nel 1971 viene nominato ai vertici di Montedison, il colosso chimico privato poco prima acquisito dall’Eni. Nelle sue mani – ha scritto il politologo Massimo Teodori – Montedison «diviene progressivamente un vero e proprio potentato che, sfruttando le risorse imprenditoriali pubbliche, condiziona pesantemente la stampa, usa illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopo di informazione, pratica l’intimidazione e il ricatto, compie manovre finanziarie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corrompe politici, stabilisce alleanze con ministri, partiti e correnti». Nel 1974 si scoprirà che il capo dei Servizi segreti Vito Miceli – tessera P2 n.1605 – quotidianamente inoltrava informative al presidente di Montedison, quasi che il Sid fosse la personale polizia privata di Eugenio Cefis. Fiancheggiato dagli spioni di Stato Cefis monitora politici, industriali, giornalisti, aziende pubbliche e private. Questo inquietante scenario da pre-golpe è ripreso da Pier Paolo Pasolini in Petrolio, il romanzo sul Potere che la sua morte violenta gli impedì di terminare. Petrolio riprende quasi alla lettera ampi paragrafi di Questo è Cefis e dei “mattinali” del Sid al «grande elemosiniere», reinventandoli narrativamente. Sono temi brucianti, che Pasolini tratta contemporaneamente sia nel romanzo che sulle pagine del “Corriere della Sera”. La sua denuncia avrà breve durata: la notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 Pasolini muore massacrato da «tre siciliani» quarantenni (e non dal diciassettenne Pino Pelosi); nel frattempo altri provvedono a sottrarre da Petrolio il capitolo Lampi sull’Eni, «che – ha scritto Gianni D’Elia – dall'omicidio ipotizzato di Mattei guida al regime di Eugenio Cefis, ai “fondi neri”, alle stragi dal 1969 al 1980 e, ora sappiamo, fino a Tangentopoli, all’Enimont, alla madre di tutte le tangenti». La “strategia della tensione” non vuole destabilizzare; al contrario vuole consolidare un sistema che si muove con le bombe degli anni Settanta per arrivare con mezzi più subdoli alla presa del potere dei nostri giorni. In questo imperdibile libro-inchiesta di Steimetz, cui deve molto l’incompiuto e mutilato Petrolio di Pasolini, si trova la chiave di lettura di questo criminale asse politico-economico-mafioso. Sono pagine sull’Italia del doppio boom anni Settanta: sviluppo e bombe. Bombe stragiste, piduiste e mafiose. Uno «Stato nello Stato» che nel 1962 ha tolto di mezzo il presidente dell’Eni Enrico Mattei; nel 1968 il giornalista Mauro De Mauro; nel 1971 il giudice Pietro Scaglione; nel 1975, con ogni probabilità, lo stesso Pasolini. La catena dei delitti mafiosi e di Stato prosegue nel 1979 con la morte del vice questore di Palermo Boris Giuliano. Nel 1992 vengono eliminati i magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
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