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La riedizione de “I Colloqui” gozzaniani da parte dell’editore pugliese Interno Poesia offre ai lettori in primo luogo la possibilità di un recupero dalle memorie giovanili di un poeta ancora suscettibile di nuove interpretazioni, e secondariamente il piacere di venire avviati in questa riscoperta dall’introduzione acutamente empatica di un altro poeta, Alessandro Fo. Nella nota iniziale, Fo definisce le sue “affettuose linee di accompagnamento” ai versi di Guido Gozzano come “un’innamorata flânerie”, libera da eccessive preoccupazioni critiche testuali. E in effetti la sua presentazione non risulta solo puntualmente concentrata, ma soprattutto vicina a una premura immedesimante, nella volontà di comprensione mimetica delle intenzioni affettive e letterarie dell’autore commentato. “Ma c’è un rifugio? Un tentato colloquio con Guido Gozzano”, si intitola con corretta perspicacia la prefazione di Fo, che subito mette in luce quali siano stati i due binari su cui ha viaggiato la lirica gozzaniana: amore e morte, entrambe illusorie tentatrici, entrambe infedeli adescatrici: “…reduce dall’Amore e dalla Morte / gli hanno mentito le due cose belle…” Al sentimento amoroso Gozzano sembrava avvicinarsi con timore e desiderio, con sospetto e sarcasmo, confessando sia la sua tormentosa sensualità, sia i suoi infidi corteggiamenti, con i conseguenti rimorsi di seduttore impenitente. Anche “la Signora vestita di nulla”, “l’Eguagliatrice”, assediava il pensiero presago del giovane poeta malato: “Respinto dalla Vita, Guido ha corteggiato la Morte, o piuttosto ne è stato corteggiato”, commenta Alessandro Fo. Scisso tra tenerezza e corporeità, cielo e terra, vita e fine della vita, Gozzano trovò nella poesia la via del rifugio: l’unica dama con cui poter instaurare un colloquio sincero, rigenerando nei versi ogni malinconico pessimismo.
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