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Ho letto questo libro in pochi giorni. Lo ritengo uno spreco editoriale. Per svariate ragioni. Non ultima quella di ritenere abbastanza inutile il raffronto tra lettori di poesia e scrittori di versi. La discrepanza è così notevole , soprattutto , a mio avviso, a causa degli innumerevoli concorsi di poesia che ormai pullulano senza freno attraverso il web. Le conseguenze ? La totale mancanza di autocritica di chi si ritiene "poeta"e di chi lo definisca tale ...appunto a motivo di questi concorsi deviati e devianti. Argomento quindi direi "sociologico " più che letterale o filologico.
La poesia rimane oggi, secondo l'autore di questo interessante e documentatissimo volume, una "sacca di resistenza" dove "almeno un poco di umanità continua a preservarsi". Ovviamente, quando si parli di una poesia intesa come "un'esperienza di scambio tanto forte, non soltanto fra autore e lettore, ma fra inconscio e coscienza, mondo inventato e mondo reale, da non lasciare indenne nessuno degli elementi coinvolti, consegnandoli a un'esperienza di straniamento". Poesia quindi come nutrimento dell'anima e della mente, illuminazione interiore, scardinamento delle proprie ossidate certezze: "arte di respiro plurimillenario" a cui avvicinarsi "con una competenza umile e adeguata". Per questo è necessario confrontarsi con essa in primo luogo come lettori, attenti e concentrati, come fruitori capaci di rispettosa gratitudine verso questa miracolosa incandescenza emotiva, e solo in un secondo momento come produttori, autori consapevoli dei propri mezzi, del proprio bagaglio di abilità letterarie. Se è vero che in Italia almeno due milioni di persone scrivono versi, e solo duemila leggono abitualmente poesia, ecco che Alberto Bertoni richiama a un impegno culturale costruttivo nel riscoprire una poesia che sappia essere, come deve, rivelazione di verità ed emozione. E lo fa senza ipocrite diplomazie, quando sferza la produzione poetica contemporanea italiana, e vede in essa "un'assenza quasi assoluta di nuovi testi capaci di rompere schemi e attese, in un contesto di aurea mediocritas almeno apparente dove le nuove scritture risuonano tutte impeccabili, calibrate, maledette all'occorrenza ma solo con misura, talvolta addirittura intercambiabili...". Torni quindi la nostra poesia a sapere rappresentare un mondo "abissale e inabissato", a evocare, a suggerire, a spronare nuovi risvegli.
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