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Anno edizione: 2007
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Un'epopea dilaniante qui riproposta come un tranquillo romanzo d'intrecci e d'avventura. Una valanga di nomi "veri" anche e soprattutto di alcuni massimi protagonisti delle istituzioni. E un unico, il solito, partito di riferimento. Un libro che avrebbe dovuto scardinare le porte del Parlamento per far fuoriuscire a calci nel culo gli inetti, gli indegni, i "complici". Ma che invece, purtroppo, affonda nelle acque torbide che circondano e inghiottono a poco a poco la parte buona della nostra penisola. Nel silente frastuono dell'indifferenza, della contiguità, della complicità.
L'ho letto d'un fiato, una sorta di trance letteraria, in un crescendo di turbamento e orrore, come credo sia normale per chi ha ancora la forza di indignarsi e cerca di tenere disperatamente accesa ogni giorno la scintilla del vivere civile. Il libro di Lirio Abbate è splendido, nonostante il retrogusto di profonda amarezza e devastante sconforto che lascia. Amplificato dalla dimostrazione che nomi, cognomi, crimini, prepotenze e violenza tout court non hanno subìto alcuna condanna al regime carcerario duro ma sono ancora tutti qua, intatti, più vivi e operativi che mai, a condizionare, anche nel piccolo e nel quotidiano, l'esistenza nostra e dei nostri figli. I fatti di Sicilia sono davvero il paradigma di quello che è diventato questo disgraziato paese, fintamente democratico, in realtà ostaggio del delirio di gente immorale e spietata, sprezzante di ogni senso di legalità, priva di etica e pudore, certa di vedere la propria condotta sempre impunita e, in taluni spaventosi contesti, perfino ammirata ed emulata. Solo una domanda finale: in Sicilia, e nel Sud in generale, esistono uomini liberi? Liberi di dire "no", di scegliere persone oneste, di ripudiare chi esercita violenza e oppressione? Possibile che personaggi come i politici malavitosi (o, più spesso, i malavitosi che diventano politici!) menzionati godano di tutto questo consenso popolare e finiscano così agevolmente, in maniera quasi scientifica, fra i banchi del Parlamento nazionale o regionale, per gestire nel modo peggiore le esigenze della collettività, impegnati piuttosto a prepararsi leggi e leggine su misura per i loro loschi affari e per consolidare i loro privilegi, retribuiti dal lavoro onesto di chi paga le tasse? Oppure occorre ancora una volta attualizzare drammaticamente Longanesi quando amava chiosare che in Italia "non è la libertà che manca. Mancano gli uomini liberi"? E la nostra è e rimarrà per sempre una democrazia inespressa?
Non ricordo dove l'ho letto, forse è tra i commenti anteriori al mio o me lo ha detto qualcuno: se avete letto "Gomorra", non potete non leggere "I complici"! e sono pienamente d'accordo, è un ottimo libro nel suo genere.
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