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Dal 1933 al 1964 Madeleine Delbrêl fu animatrice di una comunità di laici cristiani che ha sperimentato l’urto che la fede, tradotta in prassi consequenziale, provoca su un ambiente incredulo. La sua comunità era composta da persone mondane: “Vi sono persone che Dio prende e riserva per sé. Ve ne sono altre che lascia nella massa, che non ritira dal mondo. Sono persone che svolgono un lavoro normale, che hanno una famiglia normale, o che sono delle normali persone non sposate. Persone che hanno malattie normali, lutti e dolori normali. Persone che hanno un’abitazione, abiti normali. Sono le persone dalla vita normale. Le persone che si incontrano in qualsiasi strada. Essi amano la loro porta che si apre sulla strada come i loro fratelli invisibili amano la porta che è chiusa dietro ad essi, definitivamente. Noi, persone della strada, crediamo con tutte le forze che questa strada, che questo mondo in cui Dio ci ha messo, è per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che non ci manchi nulla di necessario perché se questo necessario ci mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato”. La comunità sperimentava una preghiera continua: “Come l’elettricità scorre lungo i fili conduttori, questa preghiera ci segue nelle fasi della nostra vita, vivifica le nostre azioni, ne colma i vuoti. Vive là dove noi siamo, è nei luoghi del nostro lavoro, al tavolo dove scriviamo, nelle nostre case, nelle nostre strade. Ascolta insieme a noi, parla con noi, dona, consola, lenisce, calma. Essa è libera della libertà di Dio”. La comunità praticava l’ospitalità: “Significa che gli altri si trovino da noi come in casa loro. Ai pasti sono attesi anche se non sono invitati. Il nostro tetto è il loro. Con l’ospite noi riviviamo l’esperienza di Gesù che nella sua vita ha portato a compimento la legge ebraica ed orientale dell’ospitalità”. La comunità cercava di vivere l’umiltà: “Collocarsi in questa vita all’ultimo posto ed il più sepolto, è la c
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