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Lettore accanito e onnivoro, Manganelli comincia assai presto a scrivere di libri, nel 1946, e nel giro di qualche anno la recensione si trasforma nelle sue mani in un vero e proprio genere letterario che esige uno scrittore, capace non tanto di giudizio – compito «da professore o da irto pedagogo» – quanto di un «gesto critico, esatto, lucido, veloce e non precipitoso, felicemente prensile».
I presupposti di tale nuovo genere li ritroveremo tutti in questa raccolta, dove Manganelli rivela una prodigiosa capacità di aprire i suoi pezzi con un ‘presentimento di racconto’ («Se sono in preda ad un rissoso malumore, tre pagine di Singer mi “stigrano”, come si dice in certi dialetti emiliani»); di cogliere le peculiarità di un autore come si infilza una farfalla in una bacheca (L’Iguana è un libro che «sembra non avere autore, ma solo essere un perfetto “apporto”, come dicono gli spiritisti»); di dare sfogo a una «concupiscenza libraria» che lo trascina da Omero a Chaucer, all’amato Seicento, a Vincenzo Monti, Keats, Ivy Compton-Burnett sino a Oliver Sacks e Anna Maria Ortese; di brandire irresistibilmente ironia e sarcasmo («Stretto nella teca dei suoi calzoni accanitamente abbottonati, il ritroso Cassola ha della letteratura un’idea che fa apparire “La famiglia cristiana” l’organo dell’Ente per lo Scambio delle Mogli»); di officiare fastose cerimonie stilistiche e verbali; ma soprattutto di farci intravedere, dietro lo «spazio di indifferenza emotiva» che pone fra sé e ciò che scrive, quella passione della letteratura che «produce matrimoni, fughe a due, notti insonni, poesie, serenate, omicidi, ma in nessun caso cose ragionevoli e sensate».Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ottimo
Per Manganelli, la recensione andava sprezzantemente definita come "gesto miserabile, irresponsabile, ritaglio di chiacchera".. Tuttavia, dalla notte dei tempi ha trovato posto tra le pratiche della scrittura e ha garantito al Nostro, come sottolineato nelle note dal curatore, il pane quotidiano o almeno una parte di esso. Manganelli è un recensore formidabile, tenero e feroce, capace di estrarre dal suo immenso bagaglio di letture, illuminazioni, connessioni imprevedibili, suggestioni di ogni tipo. nonché di divertire e sorprendere il lettore. Sono tanti i pezzi memorabili, ma nel presente e drammatico clima di guerra voglio solo segnalare quello relativo all' Oblomov di Goncarov, romanzo vertiginoso al quale Manganelli riserva un'altrettanto vertiginosa e illuminante recensione.
Sono stato colpito dall'erudizione di Manganelli, capace di spaziare dall'Imperatore Giuliano l'Apostata a Maupassant, da A Sarajevo il 28 Giugno di Fortis (che pensavo di aver letto solo io oltre all'autore!!) ai Canterbury Tales, dal Monaco di Lewis al Castello nei Carpazi di Verne, da Un borghese piccolo piccolo di Cerami ad un De Quincey alle prese con gli ultimi senili anni di Kant. Mi ha oltremodo colpito anche la recensione dello stupendo I tamburi della pioggia di Kadarè oltre che la disamina critica mai così acuta di Joseph Roth. Ma d'altronde basta dare uno sguardo alla sterminata sequenza di nomi citati in questa raccolta di recensioni per avere una vaga idea dell'erudizione di questo critico letterario e scrittore quale mai l'Italia ebbe prima e dopo la sua morte. Attendo ora di leggere il secondo volume, Altre concupiscenze per abbandonarmi anch'io alla concupiscenza libraria che mi scatena la lettura delle sue ineguiagliabili recensioni.
Recensioni
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