Confessioni di una squartatrice

Bel libro di Nesser, molto riflessivo al di là della storia, la cui trama non è forse la più avvincente dell’autore ma che si fa leggere comunque molto volentieri. Vengono fuori nuovi lati di Gunnar Barbarotti, che si interroga anche sul senso della vita, e della giustizia umana, oltre a procedere nelle proprie indagini. Un caso che sembrava banale può nascondere molto di più.

Pesanti, queste Confessioni, sono pesantissime. Neanche tanto la povera squartatrice, ma il Barbarotti. Che già non è mai stato uno particolarmente brillante, e qui, recente vedovo, non lo è per nulla. Comprensibilmente, certo, ma non è la lettura migliore quando già non si è di umore eccelso. Poi, per me, indugia un po' troppo in una religiosità molto consolatoria, ma, di nuovo, come non capirlo. E ci si mette pure la Eva Backman a soffrire per amore. Insomma, una lettura un po' tetra, quasi deprimente. Neanche in Lapponia ci si riprende un po'. Ma quello che salva il libro è la trama. Quasi secondaria rispetto alle sofferenze e alle malinconie, e tuttavia ben strutturata, equilibrata, giusta. E con un doppio colpo di scena sorprendente e perfetto. Il vero protagonista di questa storia mi pare che sia l'equilibrio, perso e lentamente ritrovato, e il karma: per qualcosa che perdi, qualcosa trovi. E' una storia profondamente consolatoria, a ben vedere.

Avevo iniziato questo libro qualche anno fa mane avevo abbandonato la lettura in fretta. Ora sono riuscito a portarlo alla fine non senza qualche fatica. Da divoratore di libri e soprattutto di questo genere, trovo la trama sconclusionata, troppi sono gli approfondimenti sul dolore dell'ispettore e pochissimi sulla vicenda su cui indaga. La fine è completamente sconclusionata