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Otto saggi pubblicati tra il 1988 e il 2003 si trasformano in capitoli di un volume coerente, perché hanno per protagonisti alcuni intellettuali, come Paolo Diacono, Attone e Leone di Vercelli, Gerberto di Aurillac che, con le loro opere e la loro azione, hanno svolto funzioni importanti in momenti complessi e delicati della storia altomedievale, quali i primi decenni del regno di Carlo Magno, il regno italico in età postcarolingia o l'età degli Ottoni. Lo sfondo territoriale è costituito da luoghi dal forte significato simbolico come Roma, Montecassino, l'abbazia di San Michele della Chiusa, oppure dall'Italia nordoccidentale, in particolare da Vercelli, dove nel secolo X furono vescovi alcuni dei maggiori intellettuali (e uomini di potere) del tempo. Lo sfondo ideologico invece è dato dalla riflessione sul ruolo e la legittimità del potere regio e imperiale.
Oltre a temi e personaggi ricorrenti, ciò che lega i saggi di Contemplare l'ordine è il rifiuto del relativismo storiografico che contraddistingue molte opere recenti e che ha portato a eccessi opposti, quali il ritorno alla storia evenemenziale basata su un uso elementare delle fonti o, all'opposto, l'assorbimento della storia entro un presunto genere retorico, con la negazione, tra i compiti dello storico, della ricerca della verità. Con l'esempio delle sue ricerche Gandino dimostra invece che la ricerca storica può giungere a "nuclei di verità", soprattutto se rinuncia a proiettare sul passato rigidi modelli ermeneutici odierni e interroga invece il lessico delle fonti. Non a caso nell'introduzione l'autrice fa propria la rinuncia di Giovanni Tabacco al termine "sistema" − che implicava una struttura coerente, inadatto al medioevo, caratterizzato dalla "costante possibilità di esperienze imprevedibili" − per sostituirlo con "cosmo", che rimanda a un ordine sempre aperto a sviluppi imprevisti. Questo cosmo per molti intellettuali altomedievali era "qualcosa che non soltanto poteva essere osservato, ma anzi 'richiedeva' di essere osservato e, per quanto possibile, 'agito' per ritrovare o ripristinare in esso il naturale ordine".
Come quest'ordine fosse da "contemplare" ma anche da "agire" è illustrato da Gandino con l'analisi di fonti particolarmente significative, delle quali l'autrice indaga con acutezza filologica le intertestualità orizzontali con altri testi coevi e quelle verticali con testi di età diverse, ma riconducibili a un medesimo orizzonte politico, ideologico o culturale. Così facendo Gandino riconduce sempre le fonti a un "orizzonte di eventi", individuando intensità temporali che ci aiutano a cogliere i "nuclei di verità". È questo il caso degli ultimi due decenni del secolo VIII, quando gli intellettuali vicini a Carlo Magno, a partire da una medesima idea di ordine, diedero vita a un'opera collettiva di strutturazione della memoria che doveva legittimare l'affermazione irreversibile dei Carolingi. È questo il caso anche del 1001, quando il giovane imperatore Ottone III emise un importante diploma a favore della chiesa di Roma − in cui si metteva in dubbio la donazione di Costantino − interpretato dai più come il frutto della collaborazione tra i due, ma riletto da Gandino come "il luogo di una tensione tra imperatore e papa" a partire da un serrato confronto fra testi ed eventi dell'anno Mille.
Non è qui possibile dar conto della ricchezza di contenuti e spunti di Contemplare l'ordine, ma è da sottolineare un aspetto inusuale in saggi storici odierni: in tutte le pagine di Gandino il rigore storico si coniuga con una sorta di "compassione", un tentativo (mai incline allo psicologismo) di comprendere le emozioni, i sentimenti, che muovevano intellettuali e potenti al centro della sua indagine. Attraverso i percorsi individuali di grandi uomini − ma anche di monaci che facevano letteralmente mangiare agli avversari testi che contrastavano con la loro visione della realtà − Gandino ci permette di percepire, dietro l'affermazione o la sconfitta di singole persone e ideologie, la "compresenza, nel pensiero e nel cuore di quegli uomini" di una costante tensione fra ciò che Tabacco ha definito come "ottimismo metafisico", che sfociava nell'ordine da contemplare, e un "pessimismo storico" che spesso segnava le esistenze individuali.
Giuseppe Albertoni
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