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Adriano Sofri risponde alla campagna lanciata da Giuliano Ferrara per la "moratoria dell'aborto" con un libro in forma epistolare ricco di ragionamenti contro la "crociata" dell'amico Giuliano. Se Ferrara crede che l'aborto sia lo scandalo supremo del nostro tempo, Sofri è offeso dal paragone tra quel fenomeno e la Shoah, e si sente di fronte alla provocazione fanatica e superstiziosa di un convertito. Il primo torto di Ferrara, secondo l'autore, è quello di avere "eccitato e guadagnato applausi di una parte e rabbia di un'altra", lasciando però le parti solamente più distanti e più impazienti. In secondo luogo, Sofri insiste sul fatto che i maschi non possono padroneggiare i temi della maternità e che già negli anni della militanza a sinistra, che accomunò i due avversari di oggi, non si comprese la più radicale delle differenze, quella fra donne e uomini. Ferrara si comporta come uno Stato che ne invade un altro, è entrato in un territorio non suo, perché il maschio, anche se sensibile, sul problema dell'aborto "resta di qua", è "distante, estraneo, anche se tiene la mano" della sua compagna. è il corpo della donna che viene investito dalla tempesta dell'aborto, gli uomini rimangono identici, illesi: "parto e aborto restano affari di corpi di donne". Questo parlare di madre e di nascituro "come se fosse una donna" da parte di Giuliano Ferrara, che non ha figli e che ha accompagnato all'aborto tre donne incinte, pare usurpare un titolo, violare una frontiera. E del resto, scrive Sofri, "il desiderio dei maschi di rubare alle donne la capacità di partorire è antico come il mondo".
All'ex leader di Lotta Continua, invece, sta a cuore che "la donna che abortisce non venga perseguitata" e ribadire che la depenalizzazione dell'aborto riguarda non un diritto civile, ma la sua "sottrazione alla sfera della criminalizzazione". L'ideale sarebbe che nessuna donna al mondo fosse obbligata per legge ad avere o a non avere figli, né che gli venisse imposto dalle istituzioni il numero, o il sesso dei figli, o se abortire o meno. Sospendere l'aborto nel mondo come vorrebbe Ferrara, imitando la moratoria della pena di morte, "alla lettera non significa niente: le singole persone coinvolte, cioè le donne, non possono sospendere a tempo indeterminato gli aborti, a differenza degli Stati, che possono sospendere sine die le esecuzioni capitali". La "confusione madornale" di Ferrara è quella di considerare un medesimo flagello la libertà di autodeterminazione delle donne (anche nella dolorosa decisione di abortire) e l'oppressione degli Stati sulle donne. Sofri sarebbe ben felice di associarsi a una campagna internazionale che denunciasse la disumanità delle politiche demografiche coercitive (di Stati come Cina, India o Corea del Nord), ma proprio per il motivo opposto a quello di Ferrara, perché solo le democrazie hanno a cuore la libera scelta delle donne.
Sono pagine intense, che appassionano, scritte perché probabilmente non se ne poteva fare a meno, leali e sincere, pubbliche, su temi mai facili e controversi. In appendice, ad arricchire il dibattito, una raccolta di interventi sull'aborto di Bobbio, Pasolini, Alex Langer, Natalia Ginzburg, Anna Bravo e Loredana Lipperini, e una replica del direttore del Foglio, Giuliano Ferrara.
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