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La filosofia del '900 è un groviglio di teorie che lasciano spesso allo studioso medio(cre) un gusto amaro e tanta perplessità. Intellettuali saturi di cultura hanno scritto valanghe di pagine autoreferenziali ma è bene tacerlo per evitare accuse di scarsa intelligenza e crassa ignoranza. Nella sterminata foresta di scuole, circoli e correnti emerge ogni tanto un frutto gradevole e nutriente, per quanto metta alla prova la nostra digestione. È il caso di questo libro, un'eredità non trascurabile, da trasmettere a moltitudini di influencer e formatori improvvisati.
L’opera è suddivisa in tre parti, la quarta è costituita da tre Dissertazioni e Appendici. La prima parte mette subito in evidenza che le scienze positive, nonostante il loro continuo progresso, non sono in grado di interrogarsi circa la loro Origine e di conseguenza circa il loro Telos, restano ferme al presupposto non chiarito che il mondo matematizzato secondo le loro categorie sia il vero mondo in sé, un mondo di fatti intellegibili secondo la logica formale matematica, che però non ha nulla da dire alle interrogazioni fondamentali dell’uomo nella sua propria esistenzialità personale e interpersonale. Si tratta di scienze di fatto che creano uomini di fatto, asserviti alla scienza e per di più alla tecnica che ne deriva. Occorre invece recuperare il terreno originario delle scienze affinché diventi centrale il ruolo della filosofia quale statuto imprescindibile dello spirito europeo. Solo così è possibile, in quanto filosofia, una scienza rigorosa all’insegna della libertà come compito infinito. Nella seconda parte, Husserl identifica gli inizi della crisi con “matematizzazione della natura” di Galilei, per il quale la realtà in sé è nella sua misurabilità, le cui forme ideali matematiche tra di loro connesse garantiscono la trama causale del mondo del tutto fisicalizzato, a scapito del vero terreno esperienziale che è il Mondo della vita. Anche Cartesio, benché parta dal Cogito, finisce, con il suo dualismo psico-fisico, per lasciare spazio a una conoscenza esclusivamente matematizzante. Nella terza parte, Husserl indica nella fenomenologia il ritorno al mondo della vita quale unico terreno da cui provengono le scienze per riacquistare il loro senso umano. Sono in ballo tre epochè: dalle idealizzazioni, dal mondo della vita e da se stessi, per attingere a quella soggettività trascendentale da cui correlativamente viene a costituirsi il senso del mondo della vita e delle scienze, nell’ambito della teleologia storica della ragione verso la libertà della verità.
La riflessione husserliana muove dalla constatazione che, nonostante le straordinarie scoperte scientifiche moderne, le scienze sono attraversate da una crisi che non riguarda la legittimità delle loro operazioni metodiche, ma si riferisce piuttosto alla perdita di significato per l'esistenza umana. Il sapere occidentale ha smarrito quel telos che era nato con la filosofia greca e che ha sempre guidato l'umanità europea. La crisi è dovuta, secondo Husserl, alla riduzione positivistica della scienza che ha fatto si che essa non riuscisse più a dare un senso al mondo-della-vita. A riprova di ciò basti considerare l'abisso in cui è sprofondata la cultura europea, a partire dalla seconda guerra mondiale sino all'ascesa di Hitler. Questi avvenimenti vengono interpretati da Husserl, come catastrofi spirituali,come perdita da parte dell'umanità europea di una compagine di senso. Muovendo da queste considerazioni,Husserl ritiene indispensabile sottoporre a una severa critica le scienze. La conoscenza, per il filosofo moravo, è orientata prevalentemente verso interessi di carattere scientifico, mentre tende a trascurare tutta una serie di problematiche esistenziali che sono indispensabili per la vita, quali il dolore, la felicità, il rapporto tra gli uomini, il senso dell'esistenza umana. Questo è accaduto poiché le scienze di stampo positivista che avanzano la pretesa di offrici una visione del mondo, adottano un'obiettività sperimentale che impedisce loro di occuparsi di questioni che, pur essendo fondamentali per l'uomo, non possono essere osservate direttamente, ragion per cui hanno finito con l'allontanare l'umanità da questi problemi: «essendo scienze dei fatti hanno creato uomini di fatto, privi di ideali». Da questo stato di cose al manifestarsi della crisi il passo è breve, è bastato, infatti, che la storia costringesse gli uomini a sentire nuovamente il bisogno delle domande ultime sull'esistenza, alle quali le scienze di fatti non sono in grado di rispondere.
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