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Le cure domestiche
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Le cure domestiche - Marilynne Robinson - copertina
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cure domestiche

Descrizione



Dall'autrice della trilogia formata da Gilead, Casa e Lila, il vincitore del PEN/Hemingway Award 1982, inserito dal «Guardian Unlimited» fra i cento piú grandi romanzi di tutti i tempi.

«Non è un romanzo da leggere in fretta, perché ogni sua frase è una delizia.»Doris Lessing

«"Le cure domestiche" è tuttora un capolavoro, un'indimenticabile dichiarazione di intenti immaginativi e letterari.»The Guardian

Quando le acque gelide del lago di Fingerbone si chiudono su un'altra anima, in città a occuparsi di Ruth e Lucille, le due bambine rimaste orfane, torna la giovane zia Sylvie. Sylvie indossa abitini leggeri sotto il cappotto informe, ama la luce e gli spazi aperti e viaggia per l'America sui treni merci. Sa che il miglior antidoto alla perdita è non avere e crede che la casa sia piú un luogo dell'anima che di regole e mattoni. Ruth e Lucille non hanno mai visto Fingerbone, la cittadina del Midwest che ha dato i natali alla loro mamma Helen, né le acque fonde e cupe del lago intorno a cui sorge. Ma quel lago, che in passato è stato teatro di un tragico e spettacolare disastro ferroviario, divenendo luogo di eterno riposo per molti abitanti della zona, pretende un grande tributo dalle loro giovani vite. Lo esige il giorno in cui Helen decide di riconsegnare le bambine alle loro origini e, dopo aver affrontato il lungo viaggio da Seattle, le deposita sul portico della casa avita con un pacco di biscotti da sgranocchiare per ingannare l'attesa; quindi, senza una parola di commiato né una riga di spiegazioni, risale in macchina e va a gettarsi nel lago. Con questo romanzo poetico e potentissimo Marilynne Robinson, quasi venticinque anni prima di Gilead, entrava magistralmente nel mondo delle grandi lettere, oltre che nella mente e nel cuore dei lettori, per non abbandonarli più.
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Dettagli

2016
15 novembre 2016
208 p., Rilegato
9788806180034
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Indice


Le prime frasi del romanzo

Mi chiamo Ruth. Sono stata allevata, insieme a mia sorella più piccola, Lucille, da mia nonna, Mrs Sylvia Foster, e quando lei morì, dalle sue cognate, Miss Lily e Miss Nona Foster, e quando loro scapparono via, da sua figlia, Mrs Sylvia Fisher. Siamo passate da una generazione all’altra, ma abbiamo sempre vissuto nella stessa casa, la casa della nonna, costruita per lei da suo marito, Edmund Foster, un impiegato delle ferrovie che lasciò questo mondo molti anni prima che io ci entrassi. Fu lui che ci relegò quaggiù in questo posto inverosimile. Era cresciuto nel Midwest, in una casa scavata nella terra, con le finestre esattamente a livello del suolo ed esattamente a livello dell’occhio, in modo che dall’esterno la casa sembrava solo un tumulo, più simile a una tomba che a un’abitazione umana, e dall’interno la perfetta orizzontalità del mondo in quel posto tracciava così rigorosamente la prospettiva che l’orizzonte sembrava circoscrivere quella zolla di casa e nient’altro. Così mio nonno incominciò a leggere tutto quel che riusciva a trovare in fatto di viaggi, diari di spedizioni sulle montagne dell’Africa, sulle Alpi, le Ande, l’Himalaya, le Montagne Rocciose. Comprò una scatola di colori e copiò da una rivista la riproduzione di un dipinto giapponese del monte Fuji. Dipinse anche molte altre montagne, nessuna delle quali identificabile, ammesso che qualcuna esistesse davvero. Erano tutte a forma di morbidi coni o cunette, solitarie, o a mucchi, a grappoli, verdi, marroni o bianche, a seconda della stagione, ma sempre con cime innevate, cime che erano rosa, bianche o d’oro, a seconda dell’ora del giorno. In un grande quadro aveva messo in primissimo piano una montagna a forma di campana e l’aveva coperta di alberi dipinti meticolosamente, ciascuno dei quali spuntava ad angolo retto dal suolo, come il pelo ritto sulle pieghe di un tessuto peluche. Ogni albero era carico di frutti multicolori, e uccelli vivaci si annidavano nei suoi rami, e ogni frutto e uccello seguiva la curvatura della terra. Vi si potevano scorgere bestie dalle dimensioni spropositate, maculate e a strisce, che correvano senza rallentare su per il fianco destro della montagna e senza accelerare scendevano giù per il fianco sinistro. Non riuscii mai a decidere se la genialità di questo quadro fosse dovuta all’ignoranza o alla fantasia.

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simo_b
Recensioni: 5/5
Come una barzelletta senza un finale

Oltre al fatto che trovo questo romanzo tremendamente "overwritten" -- inutilmente verboso e colmo di vanagloria stilistica -- leggendolo mi dicevo continuamente, "Ok, ma quindi?" Qual è il punto? Per quanto mi riguarda, l'unico/a romanziere in grado di permettersi di scrivere storie (tra l'altro magnifiche) senza una vera e propria "punch line" è Shirley Jackson, e Marilynne Robinson regge malissimo il confronto.

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Dario A.
Recensioni: 3/5

Poetico e scritto magnificamente, il romanzo consegna Marilynne Robinson alla grande letteratura. Tuttavia per chi non è abituato a romanzi troppo lenti, la lettura può scorrere con difficoltà.

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An
Recensioni: 4/5

La Robinson scegliendo un posto come Fingerbone si comporta come il dio biblico neotestamentario che sceglie Betlemme, una Fingerbone della Palestina. Mostra che là dove ti aspetti che non sia mai successo niente, là sta succedendo tutto di nuovo. C’è una vita che nasce, cresce e sceglie della sua vita, rendendola disponibile alla morte. Tutto succede ovunque, anche il dolore, perfino in una cittadina come Fingerbone.

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Conosci l'autore

Marilynne Robinson

1943, Sandpoint

Marilynne Robinson è docente all'Iowa Writers' Workshop e scrive sulle più importanti riviste letterarie. Il suo primo romanzo, Housekeeping (1980; Le cure domestiche, Einaudi 2016) ha vinto il PEN/Hemingway Award per la miglior opera prima e ha creato un enorme seguito di critica e pubblico. Successivamente Robinson ha pubblicato due raccolte di saggi: Mother Country (1989) e The Death of Adam (1998). L'acclamatissimo Gilead (Einaudi, 2008) ha vinto il National Book Critics Circle Award for Fiction 2004 e il Pulitzer Prize for Fiction 2005. Einaudi ha pubblicato nel 2011 Casa e nel 2015 Lila.Nel 2016 vince il premio Letterario Internazionale Mondello per la sezione autore straniero.

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