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«Se siamo fortunati, non importa se scrittori o lettori, finiremo l'ultimo paio di righe di un racconto e ce ne resteremo seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari il nostro cuore e la nostra mente avranno fatto un piccolo passo in avanti rispetto a dove erano prima. La temperatura del nostro corpo sarà salita, o scesa, di un grado. Poi, dopo aver ripreso a respirare regolarmente, ci ricomporremo, non importa se scrittori o lettori, ci alzeremo e, «creature di sangue caldo e nervi», come dice un personaggio di Čechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la vita. Sempre la vita.» Già dall'introduzione si capisce che era uno col lumino acceso. Dal primo racconto l'impressione è che questa copiosa raccolta di racconti, voluta e costruita da Carver stesso in questa forma, potrebbe tenere buona compagnia. Interessante la tecnica narrativa che intrattiene fra una certa profondità, drammaticità ma anche divertimento, però purtroppo i finali mi hanno troppo spesso lasciata perplessa; li ho trovati, per la maggior parte, incompleti, spesso insulsi o incomprensibili, insomma, non all'altezza dell'esordio o del corpo del racconto. Peccato, perché la sua scrittura è speciale e se dovessi consigliarne uno, direi senz'altro 'Cattedrale'.
Il libro in sé è splendido, sotto molti punti di vista. Carver è un grandissimo scrittore, molto meno spemplice di quanto si dica, e le sue storie mai piatte, ma anzi inquiete e sempre velate di malinconia. La traduzione è molto buona. Una nota negativa (ma seriamente negativa) sull'edizione Einaudi, che omette la preziosissima intruduzione al volume dello stesso Carver, vero e proprio manifesto artistico dello scrittore oltre che commiato dai suoi lettori.
Racconti senza senso farciti di volgarità e bestemmie, una angoscia perversa afferra l'anima di chi legge. E Carver dovrebbe essere uno dei più grandi scrittori americani...bah!
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