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Anno edizione: 2022
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Questo saggio di Sergio Cotta consta sostanzialmente di due parti: la prima, nella quale viene efficacemente analizzato e messo in discussione il pensiero positivo riguardante la guerra sviluppatosi fin dalle origini della riflessione occidentale; e la seconda, nella quale l'autore cerca di dimostrare come il diritto costituisca una solida base su cui costruire un pensiero positivo stavolta riferito alla pace. Al di là della proposta dell'autore affinché sia possibile pensare la pace positivamente, e non solo negativamente come "assenza di guerra", la quale può essere più o meno condivisibile, il risultato più importante a cui giunge Cotta nella sua riflessione è la consapevolezza che la diversità e l'ostilità che può esserci tra gli esseri umani non implica necessariamente il ricorso alla violenza. La violenza, alla quale fin troppo spesso si fa ricorso con leggerezza per risolvere delle dispute, deve lasciare posto al dialogo, al confronto verbale, che funge da strumento per costruire una armonica convivenza. La guerra, come giustamente Cotta precisa, forse non è nemmeno la completa negazione della pace e del dialogo, ma certamente può essere considerata un'esistenza parassitaria che si nutre, quando non si tratta di guerra civile, della pace interna ad un popolo, per distruggere la più ampia pace tra i popoli. Il dialogo perciò non è indispensabile solo tra i singoli individui (tra i quali peraltro è tutt'altro che una cosa scontata), ma anche tra le comunità, le quali non possono più ritenersi maggiormente realizzate solo in virtù del loro dominio ed annichilimento della volontà e del carattere di un altro popolo.
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