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Molto gradevole questo thriller situazionale. La trama non è certo il punto forte (qua e là è presente anche qualche leggera forzatura), tuttavia emerge una assoluta capacità dell'autore di descrivere alla perfezione personaggi, ambientazioni e - soprattutto - situazioni sociali. Consigliato
Indubbiamente Farinetti scrive bene e sa pescare a piene mani nella tradizione della propria terra: se in "Prima di morire" avevo scovato accenti fenoglio-pavesiani, qui ovviamente il paragone scontato e' con i grandi (ed inarrivabili) Fruttero-Lucentini. Bel romanzo d'esordio che piu' che un giallo vero e proprio considero un dramma aristocratico-borghese. Nota di merito: non ci sono acidi o bonari commissari in pensione, ispettori bolliti e molto maltrattati dalla vita (curiosamente sempre tra i 40 ed i 50 anni...), ne' giornalisti impiccioni e maldestri...e chi ha orecchie per intendere... Mezzo punto in meno per il titolo; l'autore o chi per lui si sarebbe potuto sforzare un po'di più!
un giallo incredibilmente ben fatto. intreccio e personaggi riusciti alla perfezione e veramente non si capisce chi sia il vero (dei tanti possibili) colpevoli fino all ultima pagina! avevo già apprezzato farinetti ne "l'isola che brucia" ma questo è davvero eccezionale! consigliatissimo agli amanti del genere!
Recensioni
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scheda di Bertini, M., L'Indice 1997, n. 5
(scheda pubblicata per l'edizione del 1996)
Nella folla dei lettori appassionati di Fruttero e Lucentini, spicca appartata una piccola setta intollerante, collerica, refrattaria; è formata dagli ammiratori irriducibili de "La donna della domenica" e di "A che punto è la notte". Privilegiano, tra questi due romanzi, il secondo, più visionario e imprevedibile; mai perdoneranno al torinese Fruttero, e al suo partner da tempo torinese d'adozione, di aver abbandonato nei romanzi successivi i sordidi vicoli di Porta Palazzo e i grandi appartamenti borghesi di corso Vittorio per gli sfondi più imprecisi e turistici di Siena, di Venezia, della Versilia. Credo che sia stata questa élite pura e dura di fanatici del giallo sociologico iperrealista d'ambiente rigorosamente piemontese a decretare il successo (d'altronde meritatissimo) di "Un delitto fatto in casa", che dipana tra Bra, Torino e la Costa Azzurra l'intricata matassa dei segreti di famiglia dissimulati da una dinastia di ricchi costruttori. Lungi dell'essere un banale imitatore dei suoi mentori, Farinetti lavora nella loro scia da artigiano sapientissimo, accumulando a tratti - come tutti gli epigoni - qualche manierismo di troppo; il punto di forza del suo lavoro sono i plausibili, felicissimi dialoghi, davvero antitetici rispetto al parlato sciatto e uniforme dei nostri gialli televisivi, e non soltanto televisivi.
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