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Nella collana "Albrizziana" di documenti per la storia dell'editoria a Venezia, curata da Cesare De Michelis e Mario Infelise, è pubblicata una selezione di scritture d'ufficio che Carlo Lodoli redasse tra il 1723 e il 1736 per i Riformatori dello Studio di Padova, ai quali era affidata la sorveglianza sulla stampa e sulla censura. Lodoli è un personaggio pressoché dimenticato della cultura veneziana del primo Settecento, anche se si fece notare tra i contemporanei per il suo gusto anticonformistico, intriso di cultura libertina. Non marginale la sua posizione sociale. Meritò infatti la stima di illustri uomini del suo tempo, quale il letterato gesuita Scipione Maffei, che scorse in lui talenti a iosa, seppure nascosti da un'indole rozza. Lodoli si ritagliò altresì uno spazio di udienza presso alcuni gruppi di giovani patrizi veneziani. Intrattenne relazioni epistolari con personaggi di prim'ordine, da Montesquieu a Vico, ma non lasciò nulla di pubblicato. Per un ventennio, dal 1723 al 1742, svolse infine l'incarico di revisore dei libri da dare alle stampe e di quelli importati dall'estero, un compito delicato, che esercitò con zelo, ben oltre i limiti dei doveri d'ufficio, incentivando sia la produzione dell'industria tipografica, sia la circolazione dei libri. Nella sua veste studiò i meccanismi della censura nella Repubblica per difenderne l'autonomia da Roma. Da tali interessi scaturirono una serie di scritture qui riprodotte che offrono una documentazione sui meccanismi censori e sul mercato librario a Venezia, degne di nota in quanto svelano particolari sconosciuti e mostrano quale forza ideologica avesse allora il libro stampato. Offrono inoltre un informato bilancio storico della censura veneziana a partire dal Medio Evo.
Dino Carpanetto
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