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Anno edizione: 2006
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Canfora ripercorre storicamente il lungo corso del concetto di democrazia, a partire dal richiamo al greco dell'età romana, in cui il termine demokrator stava ad indicare il «dominio sul popolo» e non del popolo, fino al tragico epilogo dei paladini delle democrazie occidentali, quelle governate dalle oligarchie dei poteri economici. Tra un polo e l'altro c'è la disamina, a metà tra storiografia ed ermeneutica, quest'ultima informata da quella che notoriamente è la parte politica per cui tiene il filologo, della costruzione dell'ideologia della democrazia. Tra le altre interessanti intuizioni, alcune tesi risultano davvero degne di attenzione, ad esempio quella secondo la quale negli anni '20 l'alternativa politica si giocava tra comunismo e democrazie liberali, le quali con l'avanzata del socialismo pare abbiano optato per l'appoggio al fascismo, naturale evoluzione di quegli stessi sistemi oligarchici, cosa che accadde in Austria, Ungheria, Italia e Spagna. Altro tassello interessante è quello della progressiva estromissione della rappresentanza popolare per mezzo del sistema elettorale maggioritario, il quale tende allo schiacciamento verso i poli moderati del centro. Alla fine emerge con chiarezza quello che è un dato di fatto, cioè da una parte l'abuso del termine democrazia ad opera di coloro i quali intendono legittimare una qualsivoglia oligarchia, dall'altra l'impossibilità e l'inesistenza di un sistema democratico fattuale, opinione che ha degli autorevoli predecessori, tra cui Rousseau e Gaetano Mosca.
Canfora ripercorre storicamente il lungo corso del concetto di democrazia, a partire dal richiamo al greco dell'età romana, in cui il termine demokrator stava ad indicare il «dominio sul popolo» e non del popolo, fino al tragico epilogo dei paladini delle democrazie occidentali, quelle governate dalle oligarchie dei poteri economici. Tra un polo e l'altro c'è la disamina, a metà tra storiografia ed ermeneutica, quest'ultima informata da quella che notoriamente è la parte politica per cui tiene il filologo, della costruzione dell'ideologia della democrazia. Tra le altre interessanti intuizioni, alcune tesi risultano davvero degne di attenzione, ad esempio quella secondo la quale negli anni '20 l'alternativa politica si giocava tra comunismo e democrazie liberali, le quali con l'avanzata del socialismo pare abbiano optato per l'appoggio al fascismo, naturale evoluzione di quegli stessi sistemi oligarchici, cosa che accadde in Austria, Ungheria, Italia e Spagna. Altro tassello interessante è quello della progressiva estromissione della rappresentanza popolare per mezzo del sistema elettorale maggioritario, il quale tende allo schiacciamento verso i poli moderati del centro. Alla fine emerge con chiarezza quello che è un dato di fatto, cioè da una parte l'abuso del termine democrazia ad opera di coloro i quali intendono legittimare una qualsivoglia oligarchia, dall'altra l'impossibilità e l'inesistenza di un sistema democratico fattuale, opinione che ha degli autorevoli predecessori, tra cui Rousseau e Gaetano Mosca.
La passione non manca. Cultura e intelligenza nemmeno. Obiettività e imparzialità invece non sono mai presenti. Canfora accusa le attuali democrazie occidentali di elitismo e di oligarchia, e tratta le masse alla stregua di pecoroni, che vengono facilmente manovrati dalla televisione e dalla pubblicità che ne causerebbe il totale stordimento mentale. Si rattrista che la libertà abbia "ucciso" la democrazia, e conclude quindi che spetterebbe a futuri "illuminati" (stavolta non europei) spiegare ai pecoroni cosa sia la democrazia. L'autore non è mai sfiorato dal dubbio che forse le masse vogliono quella libertà e questa democrazia che lui considera un prodotto della propaganda? E che sono le masse stesse a cercare un equilibrio tra rappresentanza e governabilità con lo sbarramento alla tedesca? Credo che Marsilio da Padova, che scriveva nel 1300, avrebbe ancora da insegnare ai nostri intellettuali cosa significa rispetto per quelle che ingiustamente sono chiamate "masse". Il libro infine fu criticato da un autore tedesco (Beck) per presunta apologia dello stalinismo. Sebbene non si arrivi a questo estremo, alcune pagine potrebbero far desumere una certa accondiscendenza. Dal testo imnfatti uno potrebbe desumere che ogni concessione allo stato sociale (articolo 3 della costituzione, statuto dei lavoratori) sia legato alla sola azione dei comunisti, e non piuttosto a composite maggioranze parlamentari o costituzionali. Ho uno scaffale con i libri di storia. Quest'opera finirà nelle "varie".
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