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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2010
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Nel nome della lotta alla mafia, e alla corruzione politico-affaristica che sta dietro di essa, si sono evidenziate nuove soggettività, nuove passioni, nuove forme di comunicazione politica
Grande merito degli Schneider è quello di prendere insieme in considerazione sia l’azione che la reazione. Qui sta l’interesse del libro, qui sta la sua originalità. Già in passato, ci ricordano i nostri autori, la Sicilia aveva vissuto la dimensione dilacerante del conflitto sociale, politico e culturale. Già in passato le lotte per la terra e del movimento contadino si erano proposte come l’alternativa al sistema di potere di cui la mafia ha sempre fatto parte. Ma gli sviluppi recenti della battaglia entrano nel nucleo centrale della questione siciliana, nel momento stesso in cui il mondo variegato delle associazioni e dei movimenti antimafiosi ha provato a dar forma dal basso a una società civile consapevole, informata, battagliera. Il pezzo di Sicilia su cui si incentra l’analisi dagli Schneider è cambiato e tuttora cambia. È pensabile che cambino di segno, da negativo a positivo, gli stessi tratti di fondo della cultura regionale? Il titolo originale del lavoro è Reversibile Destiny. La risposta dei nostri autori è dunque positiva: quei caratteri possono essere rovesciati.
[... quello degli Schneider] alla fine resta sì uno sguardo esterno, ma nel senso migliore. Il lettore italiano, che pure sta dentro, scoprirà eventi ignoti o semplicemente troppo presto dimenticati della sua stessa storia, e teorie atte a spiegarli [...]
A distanza di sei anni dall'edizione originale, è stato tradotto il volume Reversible destiny dei coniugi Jane e Peter Schneider, antropologi americani che da lungo tempo studiano la cultura e la società siciliana, con particolare riferimento ai fenomeni mafiosi. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni (e più noti) studiosi stranieri di faccende meridionali (Putnam, Banfield), che spiegavano l'"arretratezza" del Mezzogiorno come un esito ineludibile della storia secolare di queste regioni, agli Schneider il destino di Palermo e della Sicilia appare, invece, reversibile. Non reversed, cioè un obiettivo raggiunto, come notano esplicitamente gli stessi autori, che sarebbe forse una posizione troppo ottimista, ma in grado di essere cambiato certamente sì.
La trama che minuziosamente si ricostruisce nel volume è costituita dall'intrecciarsi delle vicende mafiose del secondo dopoguerra e dalle contestuali risposte fornite dalle istituzioni, dalla politica e dalla società civile. La storia che si racconta riguarda dunque la dinamica tipica della mobilitazione e della smobilitazione antimafia: un evento traumatico (come una strage o un "omicidio eccellente") provoca la reazione dello stato e della società civile che, nel giro di qualche anno, per motivi diversi, sarà progressivamente riassorbita per tornare alla "normalità". Il racconto contenuto nel volume si dipana agilmente dal livello micro spesso con testimonianze dirette dei due autori che hanno avuto modo di entrare in contatto diretto e finanche conviviale con esponenti mafiosi a quello macro, con considerazioni generali sulla natura del fenomeno mafioso e sulle recenti trasformazioni del movimento antimafia e della cultura antimafiosa.
A costo di qualche divagazione, uno dei pregi principali del volume è l'accurata descrizione non "della" risposta, ma "delle" risposte che il movimento antimafia ha prodotto nell'arco di circa mezzo secolo di attivismo. Risposte a volte contraddittorie che gli autori riconducono sia alle specifiche condizioni sociali e politiche nelle quali esse si esprimono, sia alle caratteristiche delle basi sociali, economiche e culturali dei gruppi sociali che le producono. Ad esempio, una delle contraddizioni di fondo che i coniugi Schneider mettono in risalto riguarda, da un lato, la posizione tipica dei ceti popolari che percepiscono la "troppa legalità" come un freno al dinamismo economico locale e, dall'altro, l'intransigenza della gestione orlandiana del governo locale negli anni novanta, fondata principalmente sul consenso di settori importanti del ceto medio. L'analisi di ciò che accade nel campo dell'edilizia, dal "sacco di Palermo" al recente recupero del centro storico, è a questo proposito paradigmatica. Se per un verso le giunte Orlando si sono preoccupate di contrastare strenuamente, con la politica della "spaccatura", le pratiche clientelari e particolaristiche che spesso proliferano in questo settore, dall'altro i ceti popolari reclamavano il diritto a continuare a lavorare in quella che è senza dubbio la principale attività economica del capoluogo siciliano. Perciò, mentre l'accettazione sociale dei mafiosi e dei loro valori di riferimento è sicuramente diminuita in seguito alle stragi di mafia degli anni ottanta e dei primi anni novanta, facendo definitivamente cadere il tabù del parlare contro la mafia, le istituzioni e il movimento antimafia hanno dovuto fare i conti con un diffuso atteggiamento anti-antimafia che pervade gli strati più umili della popolazione e che affonda le sue radici nella sopravvivenza economica e materiale garantita loro dalla intermediazione clientelare e mafiosa nel campo dell'edilizia: "La mafia ci dava lavoro e ora l'antimafia ce l'ha tolto", afferma uno dei loro intervistati.
Gli Schneider, dunque, con un'attenta ricostruzione degli eventi cittadini e attraverso una mappatura delle realtà sociali e politiche attive nel territorio palermitano in campo antimafia, mettono in luce la pluralità e i contrasti di due modi idealtipicamente diversi di fare antimafia: la già richiamata politica della "spaccatura" propugnata da Orlando e quella degli "attivisti di base". Entrambi i filoni si propongono di dare protagonismo alla società civile, ma, mentre la prima si fonda sul sostegno di alcune categorie di ceto medio (soprattutto del settore pubblico e intellettuale) ed è indisponibile a qualsiasi forma di compromesso con gli affari, gli interessi e le frequentazioni mafiose, la seconda riesce a coinvolgere nelle proprie attività anche esponenti dei ceti popolari che, per la struttura sociale ed economica palermitana, in molti casi devono la loro sopravvivenza materiale a relazioni direttamente o indirettamente paramafiose.
In definitiva, per la contestuale considerazione degli aspetti sociali, culturali, politici ed economici delle vicende palermitane del secondo dopoguerra e per l'attenta ricostruzione della dinamica mafia-antimafia condotta dagli autori, si può convenire con Salvatore Lupo che nella chiusa dell'Introduzione al volume scrive: "Questo volume pone molte domande, fornisce alcune risposte, e soprattutto racconta una storia che non può essere ignorata".
Vittorio Mete
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