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Francesco Rognoni scrive con competenza ed eleganza di letteratura inglese e americana. Formatosi a Pavia e Yale, non è secondo a nessuno quanto a competenza dell'immenso campo che va dai misteri di Shakespeare a quelli di Harold Bloom. Ha la passione dei libri, e con lui i lettori hanno la fortuna di parlare con qualcuno che conosce e ama come pochi altri poesia e narrativa e che, per quanto abbia il dono di una scrittura smagliante, non si lascia mai prendere dal vezzo di ritenere la sua biografia e i suoi gusti più interessanti degli argomenti trattati. Insomma, un figlio del miglior modernismo, che ha studiato a lungo Shelley, Wallace Stevens, F. Scott Fitzgerald, Robert Lowell, soprattutto Eliot, e ne ricorda/rivela i detti memorabili e anche la lezione di vita. Di libro in libro raccoglie un'abbondante messe di interventi di Rognoni, di diversa lunghezza, ma sempre misurati e ricchi di informazioni. È un volume-oggetto bellissimo (copertina di Guy Diehl), degno di un bibliofilo, che dedica numerose pagine alla storia del libro, dell'editoria e della libreria. È diviso in cinque sezioni: Prologo shakespeariano, Ottocento, Moderni (la passione per F.M. Ford e Cather, Frost e Auden), Narratori del secondo Novecento (da Cheever a Carver a McEwan, tutti numi del pantheon di Rognoni, lui stesso narratore in pectore), Nonfiction (e cioè critici scrittori e non, dall'amato René Girard allo svagato John Ashbery). I testi sono ora articoli ampi (ad esempio su Elizabeth Bishop a Washington in visita a Pound, o su Byron e Shelley fra Arquà ed Este), ora schede concise, ma con rare eccezioni nascono dal desiderio di comunicare una scoperta, un interesse sorvegliato ma accentuato, sicché presentano sempre un discorso serrato e convincente. Il fittissimo indice dei nomi è indispensabile per navigare nel mare del non vecchio marinaio Rognoni (classe 1960), che non manca di dedicare alcune pagine a Coleridge. E anche a De Quincey, a Hazlitt, a Pater. Che Rognoni sia un conversevole neoromantico a Milano? Comunque è un arricchimento averlo per interlocutore.
Massimo Bacigalupo
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