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Anno edizione: 2016
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Ho appena letto "Di roccia di neve di piombo", e sono stati due giorni di immersione nei ricordi della mia aspra gioventù, piena di una serietà oggi impensabile e di speranza (immotivata, come s'è poi visto, ma ugualmente portatrice di coraggio e iniziativa). Erano gli anni Settanta. Eravamo ragazze e ragazzi, studenti e operai, animati dal sacro fuoco della giustizia sociale, da un fervore di progresso, da una fiducia nelle nostre possibilità, che ci appaiono oggi, a noi ormai spenti e sulla soglia dell’età anziana, ma anche ai nostri tristi e cinici figli, il regno delle illusioni. Eravamo confusi e pieni di pregiudizi, e, come scrive l’autore nelle ultime pagine, abbiamo lasciato che alcuni tra noi commettessero errori catastrofici, che in parte hanno portato alla caotica e becera Italia di oggi. Ma il candore, la sincerità e l’impegno, e il senso di responsabilità personale della maggioranza di noi suscitano oggi meraviglia e tenerezza. Eravamo i figli della povertà e di secoli di sottomissione e ignoranza, e ora ci si apriva la speranza di emanciparci, di prendere in mano il nostro destino, di realizzare una vera uguaglianza. Quasi fossimo stati, come i personaggi del libro di Andrea Nicolussi Golo, dei piccoli piccoli eroi – e antieroi – del quotidiano. Impressione rinforzata dal particolare carattere del romanzo, scritto come un poema di Majakowskji, o una saga scandinava, con un linguaggio magico e ornato, metaforico e denso, sanguigno e medievale.
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