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Ho appena concluso la lettura di questo splendido saggio e mi sono precipitato a scrivere questa recensione spinto da un irrefrenabile desiderio di condividere tutto l'appagamento tratto da questa lettura. Gustave Thibon (1903-2001), noto come il "filosofo-contadino", era un profondo pensatore, convinto che destra (nazionalsocialismo o nazifascismi) e sinistra (socialismo e comunismo), fossero le due facce di una stesso male: la Rivoluzione. Egli criticava duramente anche il capitalismo, soprattutto nella sua forma "autonoma" che "attraverso il gioco dell'usura o delle speculazioni, si autofeconda e permette all'uomo di vivere e di arricchirsi senza un impegno autentico": come non pensare a quello che oggi chiameremmo il "turbocapitalismo"? A questo punto è lecito chiedersi: quale alternativa a questi deleteri sistemi politici? Egli non aveva dubbi: l'unica salvezza sarà il ritorno alla via cristiana della "Comunità di destino". Cosa sia quest'ultima lo lascio scoprire ai lettori. Vi dico solamente che si tratta di una visione antitetica a quella del mondo in cui viviamo e per questo molti potranno definire questo pensatore come un nostalgico "reazionario" dalle idee ormai sconfitte dalla storia. Al contrario, a mio avviso, Thibon ha avuto una visione saggia e realista dell'uomo e del mondo: saggia, perché comprese anzitempo il rischio del "personalismo" che è ormai degenerato in "egoismo collettivo"; realista, in quanto consapevole dei limiti degli esseri umani da cui non è possibile pretendere, in massa, comportamenti da Santi o eroi. Questo saggio venne pubblicato per la prima volta nel 1940 e nonostante ciò è di enorme attualità, al punto che, io stesso, ho ravvisato qualche elemento di contatto persino con un pensatore vissuto più recentemente come il marxista Zygmunt Bauman (1925-2017), teorico della "modernità liquida". Leggere Thibon è stato come tornare a scaldarmi accanto ad un camino acceso in una buia e fredda giornata d'inverno.
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