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A partire dagli anni settanta del secolo trascorso, sempre più la ricerca pedagogica diviene sensibile a quegli aspetti della comunicazione che non si riducono al suo senso manifesto e che o sono inscritti nella situazione prammatica dei ruoli (per cui l'informazione ricevuta da un amico ha un senso diverso rispetto alla stessa ricevuta da un insegnante e questo senso diverso è previsto dalla struttura dei ruoli) oppure, per così dire, traspaiono nell'atto di comunicare, per esempio intenzioni, motivi, aspettative non riducibili ai ruoli (così le preferenze idiosincrasiche di un insegnante, il suo narcisismo, oppure dipendenza psicologica o controdipendenza da parte degli stessi allievi). Questo oscillare della comunicazione fra diversi livelli (codificati nella linguistica come locuzione, illocuzione e perlocuzione) si può ritenere sia ben noto, per così dire da sempre, a ogni insegnante che abbia qualche dote riflessiva. Ora questo tema, ci assicura Claudio Baraldi nel capitolo introduttivo del volume, occupa una parte rilevante nella ricerca pedagogica, sociopedagogica e psicopedagogica.
Si tratta di osservare al microscopio la trama delle interazioni nel contesto scolastico. Si può farlo mediante una lettura in profondità che non abbia procedure standardizzate (come per esempio in ricerche che derivano dagli illuminanti quadri teorici e dagli esempi magistrali di Goffman o di Bateson) oppure con tecniche altamente codificate, come accade in quella "analisi della conversazione" che ha preso spunto da alcune tendenze della ricerca sociologica che si sono sviluppate negli Stati Uniti in seguito alla crisi delle "grandi" teorie sociali, in particolare le tendenze della cosiddetta etnometodologia. L'"analisi della conversazione" è la tecnica metodologica cui più frequentemente ricorrono gli autori di questo libro: raccolti intorno al Laboratorio infanzia e adolescenza dell'Università di Urbino (Lia), hanno analizzato un esteso corpus di trascrizioni di dialogo fra maestri e bambini in classi elementari, ordinando le proprie osservazioni secondo sei temi: i meccanismi dell'interrogazione dei discenti da parte del maestro (se ne occupa Piera Margotti), il successo dei tentativi di stimolare l'autonomia (Laura Gavioli), la gestione dei conflitti in classe (Vittorio Iervese), la riflessione sulla diversità dei punti di vista (Federico Farini), le strategie di adeguamento interculturale con allievi stranieri (Roberta Grassi; vi si premette un'ampia panoramica, redatta da Guido Maggioni e Sabina Rapari, sui progetti di analisi del dialogo interculturale), infine le procedure di mediazione (Elisa Rossi).
Nessuno dei risultati della ricerca genera particolari sorprese, né le piccole sorprese, che pure accade di trovarvi, si ordinano intorno a qualche punto teorico nevralgico. Cionondimeno, la lettura di questo libro può essere utile anche al di fuori di una cerchia di studiosi interessati alla validazione di un metodo di analisi; può in particolare essere utile a insegnanti (in particolare di scuola elementare), che vi apprendono una preziosa attitudine alla microanalisi delle proprie condotte scolastiche, la disposizione a essere attenti anche a piccoli particolari che nell'interazione assumono importanza strategica: la lettura di questo libro può dunque servire anche come una sorta di allenamento analitico.
Nell'introduzione Baraldi mette in guardia dal voler derivare da questo tipo di ricerca un rigido canone dialogico. Sarebbe infatti increscioso che un insegnante (dalle elementari all'università) ritenesse di poter soddisfare il proprio compito semplicemente coltivando una qualche tecnologia di interazione comunicativa. Occorre invece coltivare innanzitutto il proprio sapere specifico e la propria "generale" umanità. Ma è anche importante osservare che proprio da analisi al microscopio come questa emerga spesso, in qualche spezzone di conversazione maestro-allievi, come la situazione pur asimmetrica dell'insegnamento (con ben definiti ruoli di autorità e di obbedienza) non si lasci ridurre alla psicologia dei parlanti, né all'ordine istituzionale dei ruoli, ma implichi una nozione complessa di dialogo come costruzione della realtà sociale. Franco Rositi
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