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Ottima edizione che racchiude le tre opere "minori" di Tacito. In realtà sono tutte e tre dei veri capolavori. Consiglio la sua lettura prima di leggere le opere maggiori.
«Agricola» («De vita et moribus Iulii Agricolae») è una biografia encomiastica dedicata da Tacito al suocero Gneo Giulio Agricola, cui l'autore (che nel 97 fu anche console) doveva tutta la sua carriera politica e cui, causa i suoi impegni istituzionali, non poté recitare l'orazione funebre. «Germania» («De origine et situ Germanorum») è invece una monografia di carattere etnico-geografico che prende ad oggetto un'area esterna all'Impero di permanente interesse per Roma, soprattutto nel periodo in cui il testo venne redatto (98 d.C.), quando cioè Traiano, alla testa di un forte esercito, stazionava permanentemente ai suoi confini. La critica ha sempre posto in rilievo il valore etico-politico delle due opere, nelle quali Tacito, storico della perduta libertas, esprime l'avversione propria e della classe senatoria verso la forma istituzionale del principato, e lo fa mettendo in risalto le virtutes tradizionali del suocero, vittima della tirannide domizianea, e l'ammirazione per i costumi barbari ma incorrotti dei Germani. Tutto corretto, ma personalmente mi hanno maggiormente interessato le parti di contenuto prettamente geografico dedicate a territori esterni al limes, e rispetto alle quali poco o nulla sappiamo. Troviamo così, ad esempio, un accenno a Thule (è la stessa Thule di cui ci parla il geografo greco massaliota Petea, spesso identificata con l'Islanda?), una digressione sull'Ibernia (Irlanda) e una descrizione di come le legioni occuparono temporaneamente la Scozia dopo la vittoria sui Caledoni. Notizie molto interessanti, soprattutto se si considera che la Britannia fu sempre considerata una regione marginale dell'Impero, al punto che i suoi abitanti sostennero più volte degli usurpatori come Magno Massimo e che gli storici coevi non si preoccuparono neppure di menzionarne l'abbandono. E lo stesso vale per la Germania, terra che dopo la disfatta di Varo nella foresta di Teutoburgo ad opera di Arminio, rappresentò costantemente una temibile incognita.
Lo confesso: ammiro Tacito come scrittore e come uomo; e mi sembra superficiale biasimarlo per.... per che cosa? Perché non ha denunciato apertamente i crimini di Domiziana, o perché ha fatto carriera in parte sotto il tiranno? Credo invece che abbia denunciato il malessere e il disagio dei nobili, ma l'ha fatto attraverso il suo stile, che racconta i fatti e sottintende chiaramente (scusate l'ossimoro) ciò che non può dire apertamente. Gli Annales ne sono l'esempio migliore. Altrimenti è meglio tacere? Non credo.
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