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L’invecchiamento e le vicende della vita possono dare grandi sofferenze, di fronte alle quali non ci resta che l’accettazione; compito della psicologia del profondo è, però, superare la rimozione della prospettiva angosciante della vecchiaia e della morte.
Un'interessante chiave di lettura in positivo dell'invecchiamento, interpretato dal punto di vista neurologico e psicoanalitico.
«Della salute non mi posso lamentare e divento sempre più vecchio» scrive l’ottantenne Jung alla fine di una lettera a un suo corrispondente. Ed è questo il punto di partenza di Alberto Spagnoli per la sua riflessione sulla psicologia dell’invecchiamento. Fu proprio Jung, per la prima volta nella storia della psicologia del profondo, ad aprire all’invecchiamento un orizzonte positivo – diversamente dal maestro e sodale di gioventù Freud, la cui visione drammatica e amara ha contribuito ad allontanare la psicoanalisi dall’interesse per la vecchiaia. L’invecchiamento e le vicende della vita possono dare grandi sofferenze, di fronte alle quali non ci resta che l’accettazione; compito della psicologia del profondo è, però, superare la rimozione della prospettiva angosciante della vecchiaia e della morte, interrogarsi, e prendere finalmente coscienza anche di questa fase dell’esistenza, sempre più lunga, in modo da goderne e apprezzarne la potenziale pienezza.Indice
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L'autore mette a confronto le riflessioni di Freud, di Jung e di altri psicanalisti sull'invecchiamento. Scrive Stefano Mistura nella premessa che "il carattere della vecchiaia sta nel fatto che essa si presenta come una prospettiva di vita senza futuro...Si può dire che la vecchiaia è quel periodo nel quale gli individui incontrano fatalmente sé stessi, senza avere a disposizione linee di fuga." Jung, invece, con la sua psicologia del profondo, apre all'invecchiamento un orizzonte positivo fondato sul concetto di individuazione, un impulso sempre attivo durante l'arco della vita, in quanto il concetto stesso di energia psichica implica l'inesauribilità. Freud chiude questa possibilità descrivendo l'invecchiamento come un ritorno al mondo inorganico, cioé," l'invecchiamento, è segnato dalla categoria del limite: la teoria della libido non concede deroghe all'anziano e l'unica possibilità realistica è l'accettazione stoica dell'inevitabile decadimento del corpo e della mente."C'è, comunque, da dire che Sofocle, quasi novantenne, scrise l' "Edipo a Colono". Freud fa notare che per molti anziani la paura della morte non è la grande paura: ciò che temono è il dolore fisico, l'abbandono, la perdita di un livello minimo di autonomia e di decoro. Jung a ottant'anni scrive: "Ho buoni motivi per supporre che le cose non finiscono dopo la morte. Sembra che la vita sia l'intermezzo di una lunga vicenda. Esisteva già prima e continuerà molto probabilmente anche dopo, quando sarà finito questo livello conscio in un'esistenza a tre dimensioni."
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