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(recensione pubblicata per l'edizione del 1986)
recensione di Patrizi, G., L'Indice 1987, n. 3
A quindici anni di distanza dalla prima edizione, esce presso la Utet il nuovo "Dizionario Critico della letteratura italiana". Le novità dell'opera, da tempo ormai uno strumento sicuro per quanti lavorino nella disciplina o anche solo occasionalmente vi accedano, sono diverse e sostanziali. Ad esse possono attribuirsi due meriti: quello di rendere l'opera più funzionale proprio come strumento di lavoro o di studio, agile ma ricco, nella sintesi di tutto ciò che "occorre sapere" su di un autore, un tema, movimento. Il secondo merito è quello di aver fatto tesoro di quanto è accaduto, nella letteratura, nella cultura e anche nel gusto del pubblico, durante l'ultimo decennio. A tale proposito la presentazione di Branca indica chiaramente a cosa guardi l'istanza di rinnovamento avvertita dai curatori del "Dizionario". È un fatto - alla cui conferma concorrono anche iniziative come "Il materiale e l'immaginario" di Ceserani-De Federicis e la "Letteratura italiana" diretta da Asor Rosa - che oggi è difficile parlare di letteratura senza tener conto, in qualche modo, di quella ricchissima tipologia di forme espressive e comunicative che, se non rientra nei canoni letterari tradizionali, ha con questi intensi intrecci. Il che, nell'opera, significa concretamente riferire dei problemi della cultura orale, della paraletteratura, degli scambi tra letteratura e altre arti o altri settori della cultura e della scienza; ed ancora vuol dire sperimentare dei tagli storici, delle storie settoriali che permettono di disegnare le vicende di zone di incerta competenza.
Ecco, quindi, voci dedicate al giornalismo e ai mass-media, all'industria culturale, all'estetica, ma anche all'influenza della "Bibbia", alla scienza nella cultura umanistica, alla librettistica, alla letteratura di pietà. Una serie così fitta di temi è trattata con grande funzionalità (e giungiamo all'altro merito dell'opera): si definisce un problema, se ne traccia l'evoluzione e la sua fortuna critica. Quest'ultima prospettiva, comune a tutte le voci, è spesso un'efficace chiave per recuperare la dimensione diacronica. Cosa rende meglio la sensazione del divenire delle letterature se non il modo in cui, in varie epoche, i letterati hanno meditato sui loro predecessori?
Le voci del "Dizionario" - curate da specialisti e coordinate per i secoli fino al '400 da Manlio Pastore Stocchi, da Marco Pecoraro per il '400 e il '500 e da Armando Balduino per '700, '800 e '900 - presentano ovviamente qualità diverse. Qui vogliamo solo ricordare alcuni gioielli quali le voci "Alberti" di Grayson, "Origini" di Roncaglia, "Scuola Storica" di Dionisotti, "Siciliani" di Folena; la novità di prospettiva di indagine quali quella di Paola Rigo sulla "Bibbia" o di Guido Capovilla sulla "Metricologia" o di Maria Luisa Altieri Biagi su "Spallanzani"; l'interesse particolare di un "Ungaretti" letto da Zanzotto; Alcune sproporzioni emergono qua e la: non è certo un gioco utile, n‚ divertente annotarle, tanto appaiono frequenti in opere del genere, ma certo il computo delle pagine dedicate ai singoli autori non rende giustizia a Gadda dinanzi a Bacchelli e a Salgari o a Sanguineti appiattito in una voce collettiva, dinanzi a Fortini.
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