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Quattro racconti tra il surreale, l'assurdo e la satira amara.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quello che mi è piaciuto, e molto, in questo libro, sono la semplicità, l’amara ironia, il sarcasmo, il distacco solo apparente, che “increspano” storie semplici, che danno loro un significato di critica sociale netto ma non invadente, con una sobrietà che ben si attaglia alla trama e al tono prescelto. Non ci sono grandi tragedie, orrori o drammi in questi racconti, ma l’ottusità delle gerarchie nell’assecondare i dettami del potere, l’arguzia e l’ingegno con cui alcuni cittadini tentano di sottrarsi a certe angherie, ambienti e circostanze tristi e dimessi che vengono interpretati attraverso un occhio quasi sornione, per un risultato che illustra per contrasto la vita quotidiana in Unione Sovietica nel periodo successivo a Stalin. A volte si sorride, pur se amaramente, altre viene da indignarsi, o da scrollare il capo mormorando sconcertati “incredibile!” di fronte a vicende che hanno dell’assurdo, ma si arriva al termine della lettura troppo presto (o almeno, così è stato per me): e questo è un chiaro indice del fatto che l’originalità del taglio dato dall’autore alle storie rende questo libro un piccolo gioiello, da ricordare nel tempo. Significativo il pensiero che si legge nelle note in seconda e terza di copertina: «quando non c'è niente da ridere, ecco che spuntano i satirici». E emblematico della difficile coesistenza tra combattività e acquiescenza che si “respira” in queste pagine è anche il proverbio russo che vi viene citato: “Anche la peggior salute regge fino alla morte”.
Recensioni
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scheda di Tomasi, D., L'Indice 1985, n. 2
Nato a Leningrado, ma emigrato in Occidente nel 1975, Victor Zaslavsky è conosciuto in Italia più per i suoi studi di sociologia che per la sua attività di narratore. Ben venga dunque questa raccolta di racconti, che ci permette di entrare in un universo poetico che seduce per la sua capacità di descrivere una realtà triste e melanconica, quella sovietica nell'epoca poststaliniana, con garbo ed humour. Zaslavsky rievoca il mondo della sua infanzia in una sorta di "amarcord" che presta attenzione non tanto ai grandi eventi storici, quanto al loro riflesso nella vita di tutti i giorni, alle piccole paure quotidiane, allo sconcerto della gente comune di fronte a eventi di cui non riesce n‚ potrebbe scorgere il senso. Ne viene fuori una riuscita rappresentazione del rapporto tra l'individuo e il potere. La vena concisa e grottesca che attraversa le pagine migliori di questi racconti dà vita a personaggi e situazioni che sembrano uscite dalla penna di un Gogol.
Quattro racconti tra il surreale, l'assurdo e la satira amara.
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