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Finalista al Premio Giorgio Scerbanenco 2020
Bruno Morchio riporta il noir nei sobborghi del Nord Italia, nelle strade dannate di quel Sud del Nord di cui Genova è la capitale. Con una lingua cruda e nuda stila la confessione in prima persona di un’umanità senza innocenza e senza speranza, per la quale nessun assalto al cielo è più possibile, e il vivere è come terra che trema, e frana, sotto i piedi.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il romanzo, scritto in prima persona, è interessante e scivola via bene. Ha il merito di mettere in luce certe periferie dove prospera un certo degrado non distanti dal centro città. Tuttavia sul gradevole romanzo incombe un errore tecnico: dato l'io narrante, che ovviamente rivela anche e soprattutto i propri pensieri, risulta impossibile che non rivelasse fin da subito ciò che viene svelato nel finale.
Bel giallo, non scontato, finale non facile da capire del tutto. Interessante anche il quadro sociale descritto, crudo e squallido ma purtroppo non impossibile da trovare nelle nostre periferie. Scorrevole e veloce da leggere. Consigliato
L’architettura che si vede nella copertina è molto interessante ed è stato l’elemento che mi ha attratto subito di questo romanzo noir. Il fatto poi che fosse ambientato a Genova è stato, per me, una bella scoperta perché la città ligure è da sempre la mia preferita. Mi ha fatto molto pensare la vita della diciassettenne Blondi e di sua madre. Sono sicuro che anche ad altri non dispiacerà leggere il libro. Da regalare.
Recensioni
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I sogni le servono per “vaccinarsi dai mali della vita”: Ramona detta Blondi, diciotto anni vissuti nel quartiere di Certosa nella valle del Polcevera senza mai sapere chi sia suo padre e con una madre che lavora come operatrice sociosanitaria e a nemmeno quarant’anni sembra una vecchia che nelle ore libere si attacca alla bottiglia di rosso davanti alla tv, vuole essere padrona della sua vita. Conta i mesi che le mancano a diventare maggiorenne per poter attuare il suo desiderio, maturato davanti alla copertina patinata di una rivista trovata dalla parrucchiera: andare in Costa Rica.
Paradiso da dove crede anche arrivi quel padre sconosciuto e il cui nome la madre non le ha mai svelato, riducendo la sua figura a quella di un bel marinaio eclissatosi.
La ragazza, un passato scolastico disastroso che non le ha mai fatto prendere un diploma, bionda e bellissima con un corpo mozzafiato che non passa inosservato, è fidanzata con Cris, che ha cinque anni più di lei, tossico inviso alla madre e che una madre non ce l’ha, morta quando era bambino, e che divide gli spazi domestici con un padre dipendente dal gioco. Ha tentato di lavorare nella falegnameria dello zio Armando, ma è il classico lavativo che si rolla le canne e si sballa di droga. Per lui la vita è lì, tra un bar dove gioca a biliardo con gli amici e i caruggi dove compra la “roba” dagli Africani, preso dal sesso e anche dall’affetto, a modo suo, per Blondi che invece sogna di andarsene per vivere davvero.
“Dove crollano i sogni”, edito da Rizzoli Libri, è il nuovo romanzo di Bruno Morchio, ambientato nella sua Genova alla vigilia di un crollo concreto, quello del ponte Morandi, che si snoda tra una gioventù – e non solo gioventù – borderline, dove solo i sogni, appunto, sembrano poter rappresentare la molla necessaria per cambiare la propria esistenza, costi quello che costi, fosse anche l’eventualità di uccidere.
Ancora una volta Morchio intesse una trama che ti fa piombare in quelle atmosfere e in quella storia, che ti fa dimenticare di non esserne uno dei personaggi, tutti sempre dipinti con una maestria psicologica che permette al lettore di vederli con gli occhi di Blondi, che narra in prima persona, ma allo stesso tempo con gli occhi propri e con le caratteristiche che sono loro, non permeate da altri sguardi. Leggere queste pagine è avere davanti persone raccontate da due punti di vista: quelli della protagonista e quelli del lettore stesso.
E la stessa Blondi, così disinibita, quasi fredda nel suo rincorrere i propri desideri, riesce a essere mostrata da Morchio anche nelle fragilità di una diciottenne alla quale la vita non ha negato batoste e dolori che lei finge di nascondere sotto una scorza da dura che si è messa addosso e che si rivelerà essere debolezza più che forza.
Il linguaggio è crudo, schietto, diretto, perché è l’unico che potrebbe uscire dalla mente e dalla bocca di una come Blondi, alternato alle immagini di Genova e dei suoi quartieri descritta in taluni tratti con una poesia che sembra fare a pugni con le espressioni dell’io narrante e che proprio per questo colpisce chi legge, lo mette davanti a quelle sfaccettature dell’animo umano, del linguaggio, della mente e del cuore che sono tutti aspetti della quotidianità che Morchio non nasconde mai, ma che sa narrare con il suo grandissimo talento.
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