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Questo libro è incredibile: non perché - pare - sia stato usato da moltissimi per "migliorare le proprie qualità nel disegno", ma perché l'autrice prende in giro la gente con l'arroganza più sfacciata. Il titolo dice tutto: il lato destro del cervello è quello riservato alla creatività, il lato artistico ed intuitivo del cervello, quello che gli schemi non li codifica, ma li interpreta. Abbiamo traccia di ciò nel libro? Ma figurati. L'approccio conservatoriale dell'autrice, professoressa di disegno, dice tutto sul fatto che un libro sull'emisfero destro è ridicolo anche solo a pensarlo. Ecco allora il consueto profluvio di rigidi dogmi da seguire, numerati, catalogati e riassunti. La teologia del disegno con le sue regole auree, qualora si voglia diventare dei veri robot, pronti a ripetere ancora e ancora la serie di ovali tagliati nel mezzo da croci, linee e trattati di trigonometria, frutto del metodo. Ma nel libro viene spiegato chiaramente che la linea dell'orizzonte è sempre al livello degli occhi e se il soggetto si alza o si abbassa, cambierà anch'essa; oltre al fatto che alcune situazioni prospettiche sono paradossali, quindi non si capisce di quali LEGGI si stia parlando. Le leggi del kantiano Io Trascendentale, il giudizio sulla sua autoreferente rappresentazione, che però confonde i suoi schemi con la realtà delle cose e la chiama maniera. Nel libro, oltre al consueto sfoggio di esempi castranti, debitori del principio di autorità, perfetti in un libro autoritario, c'è spazio anche per Van Gogh. Nel libro è stato vandalizzato e cannibalizzato. Ora non è più il feroce spara-colore-giallo, non fa più le cose più arbitrariamente possibile per esprimersi fortemente. Ora è un esempio da seguire in materia di disciplina raffigurativa. Può darsi che Betty Edwards, nel far ciò, abbia usato il lato destro del cervello.
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