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Con tono grottesco, ironico o anche comico, Palazzeschi maledice e demolisce la retorica della guerra e dei nazionalismi, colpevoli di un assurdo, disumano massacro, fatto quasi per ripicca da potenze europee avide e deliranti: al pari di comari stizzose, ridicole e ingorde.
Tanto per iniziare, una domanda sorge spontanea: come può una persona che non è stata in guerra scrivere un libro di guerra? La domanda non ha una risposta. O almeno, non ce l'ha per me. Non è un testo che consiglierei per conoscere la guerra da un punto di vista letterario. Palazzeschi non ha nemmeno mai visto un cannone. Per tutto il tempo, se n'è sempre stato al calduccio in un ufficio a Firenze. Come può porsi un tale scrittore nei confronti della guerra quindi? Contro, chiaro. Ovviamente, non voglio discutere le convinzioni personali dell'autore, ma la continua invocazione del disarmo come mossa di difesa nei confronti degli imperi centrali fa un po' sorridere. Veramente Palazzeschi credeva che andando incontro disarmati alle truppe austriache e tedesche gli italiani avrebbero avuto la possibilità, non dico di vincere, ma di sembrare vincitori (moralmente)? L'impero mancato per Palazzeschi è quello guglielmino, oltre che il suo. Ma bisogna riconoscere che è stato mancato di un nonnulla (come Morselli ha fatto vedere). Palazzeschi è stato un pacifista in pantofole, il che va pure bene, ma ha sempre vissuto indirettamente il dramma di chi lottava non per annientare il nemico, ma per difendere la propria terra. Una testimonianza che non offre gran che a chi è interessato alla guerra combattuta.
Questo libro non vuole essere un diario. E tutto il contrario di un diario tenuto nelle retrovie o in trincea. E' piuttosto la risposta di un ex-futurista al manifesto di Marinetti di cui si parla tanto in questi giorni. Uno straordinario manifesto per la pace scritto in un'ora in cui lo spirito critico sembrava assopito in Italia. Palazzeschi non si è lasciato ingannare dai discorsi ufficiali. Ha avuto il coraggio di pensare. Non condivido per niente il giudizio di chi trova bruttino questo libro in cui affiora tanta poesia.
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