(Fresno, California, 1908-81) scrittore statunitense. Di origine armena, cresciuto in un orfanotrofio e vissuto poi tra la gente della strada come strillone e fattorino del telegrafo, diede voce, negli anni della depressione, all’America dei diseredati e degli immigrati, terra d’incontro tra la memoria e il sogno, in una serie di racconti che sembravano violare, o ignorare, ogni regola. Il grande successo che accolse, negli Stati Uniti come in Europa, la sua prima raccolta, Che ve ne sembra dell’America? (The daring young man on the flying trapeze, 1934) fu dovuto, in ugual misura, all’anomalia della scrittura narrativa di S., che trasferiva miracolosamente nella lingua della nuova terra l’impronta fantastica dell’antica, e alla forza compensatoria delle sue invenzioni. Nelle opere successive - i romanzi La commedia umana (The human comedy, 1942) e Ti voglio bene, mamma (Mama, I love you, 1957); i testi teatrali I giorni della vita (The time of your life, 1939), Il mio cuore negli altipiani (My heart’s in the highlands, 1939), Gente magnifica (Beautiful people, 1941, nt) - il miracolo tende a trasformarsi in ottimismo programmatico, i personaggi, da candidi e imprevedibili si fanno gradualmente improbabili e sentimentali. Dopo i racconti di sicura compiutezza stilistica raccolti in Il mio nome è Aram (My name is Aram, 1940), l’opera di S. subisce un duro ridimensionamento critico che i libri autobiografici, a partire da In bicicletta a Beverly Hills (The bycicle rider in Beverly Hills, 1952), non modificano. Riletto oggi, alla luce del contributo dei vari gruppi etnici al definirsi della letteratura americana contemporanea, il S. dei primi racconti rivela intatta la sua forza d’urto.