(55/48-19 o 18 a.C.) poeta latino. Non si sa molto della sua vita. Nacque forse a Gabii da ricca famiglia equestre, i cui possedimenti erano nella zona di Pedo, fra Tivoli e Preneste. Le confische a favore dei veterani di Filippi ridussero i suoi possedimenti, ma non tanto da impedirgli una vita agiata. A Roma entrò nel circolo letterario filo-repubblicano di Messalla Corvino, al quale fu sempre legato. Messalla lo protesse e lo volle al suo seguito in una spedizione militare in Aquitania (31-30 a.C.), poi in un’altra in Oriente: ma questa volta, ammalatosi nel viaggio, T. si dovette fermare a Corcira (Corfù). Nel 27 celebrò in un’elegia il trionfo di Messalla. Gli ultimi anni li visse a Roma e nelle sue terre, dedito alla poesia e forse già malato del male che lo spense poco dopo Virgilio.Sotto il nome di T. ci sono giunti tre libri di elegie che costituiscono il Corpus tibullianum. In realtà si tratta forse di opere elegiache di autori diversi appartenenti al circolo di Messalla: i testi sarebbero poi stati attribuiti tutti a T., il nome più prestigioso. Sono sicuramente di T. i primi due libri (10 elegie il primo e 6 il secondo). Il terzo libro (diviso in due libri in età umanistica) comprende: 6 elegie di un certo Ligdamo (si è anche pensato a uno pseudonimo del giovane Ovidio), che canta un amore infelice per Neera; il modesto Panegyricus Messallae; i carmi VIII-XVIII che riguardano l’amore di Sulpicia e Cerinto e sono, sembra, opera della poetessa Sulpicia; infine due brevi elegie, quasi certamente di T. (il cui nome appare nel carme XIX). I primi due libri, quelli sicuramente autentici, cantano l’amore per due donne, Delia (realmente esistita; il suo nome era, pare, Plania) e Nemesi. Ma l’amore non è l’unico argomento: egualmente centrale è il tema della pace e il rifiuto della vita militare e politica. T. celebra l’otium (la possibilità di dedicarsi all’amore e alla poesia) e il mondo agreste (inteso anche come rifugio sentimentale) con tonalità che, sebbene frutto di stilizzazione letteraria, testimoniano il suo attaccamento tipicamente latino alla terra e alla religiosità agreste. Inoltre T. usa ampiamente materiale greco (oltre ai modelli virgiliani delle Bucoliche e delle Georgiche), calato nei moduli della poesia erotica alessandrina, mostrando in tal modo che su di lui aveva un certo fascino anche la vita galante, libera da preoccupazioni, della città. L’atteggiamento sentimentale di T. è di tipo meditativo, fatto di sogni e di illusioni. I suoi componimenti esprimono di volta in volta uno stato sentimentale, riuscendo a raccogliere attorno a esso vari temi (provenienti spesso dai luoghi comuni retorici propri dell’elegia) che si succedono senza ordine apparente, ma in realtà fusi grazie alla straordinaria semplicità espressiva e a una fluidità di tipo musicale. Certo i suoi affetti sono fortemente stilizzati, ma il raffinato discorso dissimula efficacemente l’impiego retorico, sicché l’opera di T. sembra frutto di un sentimento quasi immediato, spontaneo e dolce, anche perché manca nei suoi versi ogni appesantimento erudito.