Compositore, pianista e direttore d’orchestra ungherese.
- le vicende biografiche. Avviato allo studio della musica dal padre, amministratore al servizio dei principi Esterházy, cominciò a esibirsi in pubblico come pianista nel 1820. Dopo un periodo di studi a Vienna, nel 1824 si stabilì a Parigi, e fino al 1827 suonò ripetutamente in Francia, Inghilterra e Svizzera. Interruppe poi la carriera concertistica per approfondire la sua cultura musicale e per dedicarsi a studi di poesia, filosofia e sociologia; frequentò in quel tempo Lamartine, Hugo, Lamennais, Heine e divenne amico fraterno di Berlioz e Chopin. Nel 1835 fuggì in Svizzera con la moglie del conte d’Agoult, dalla quale ebbe tre figli: Blandine, Cosima (che divenne moglie di H. von Bülow e poi di Wagner) e Daniel. Con lei fu in Italia, dove rimase quasi ininterrottamente fino al 1839. Il periodo dei suoi maggiori trionfi di pianista cominciò alla fine del 1839; fino al 1847 fu il concertista più ammirato, più discusso, più retribuito d’Europa, con successi paragonabili a quelli suscitati nel decennio precedente da Paganini. A questi primi anni appartengono le composizioni pianistiche più fortemente segnate dalla ricerca virtuosistica, come l’Album di un viaggiatore (1835-36, contenente il celebre Al lago di Wallenstein e le parafrasi su melodie alpine), i primi due quaderni di Anni di pellegrinaggio (1836-39: Svizzera e Italia, fra cui la fantasia Da una lettura di Dante), i 24 Grandi studi dedicati a Czerny e i 6 Studi trascendentali da Paganini (1838), nonché una prima serie di Rapsodie ungheresi (1839-47). Le cronache mondane ebbero a occuparsi, prima e dopo la definitiva separazione dalla contessa d’Agoult, dei suoi amori con donne molto note. Alla fine del 1847 abbandonò la carriera concertistica e si stabilì a Weimar come direttore della cappella di corte. Lì, anche per incoraggiamento della moglie del principe russo Caroline Sayn-Wittgenstein, che era divenuta e sarebbe rimasta per lunghi anni la sua compagna, L. si dedicò per circa un decennio alla composizione, alla direzione d’orchestra e all’insegnamento. Risalgono a questo periodo composizioni di più ampio respiro strutturale, come la Sonata in si minore dedicata a Schumann (1853), Totentanz (parafrasi del Dies irae, 1849) per pianoforte e orchestra, le sinfonie Faust (1854) e Dante (1856), e i primi 12 poemi sinfonici, fra cui I preludi (1848-50, inizialmente nato come introduzione a un gruppo di odi corali, poi rielaborato come poema autonomo con titolo ispirato alle Méditations poétiques di Lamartine), Tasso (1849), Prometeo (1850), Mazeppa (1851), Hamlet (1858). L’attività di direttore d’orchestra, in teatro e in concerto, fu di grandissimo rilievo culturale per la scelta del repertorio (Berlioz, Schumann, Verdi, Wagner ecc.). Tra gli allievi sono da ricordare soprattutto H. von Bülow e C. Tausig. Nel 1861 L. lasciò Weimar per stabilirsi a Roma, che divenne la sua residenza abituale fino alla morte; rinunciò a sposare la Sayn-Wittgenstein, divenuta vedova, e nel 1865 prese la tonsura e gli ordini minori. A partire dal 1869 tornò ogni anno a Weimar per tenervi corsi di pianoforte; altri mesi li trascorreva (dal 1872) a Budapest, dove era stato nominato consigliere reale e poi presidente dell’Accademia statale di musica. Nel marzo del 1886 iniziò un giro in varie capitali, per assistere a concerti celebrativi dei suoi settantacinque anni. In luglio, recatosi a Bayreuth per le rappresentazioni wagneriane, vi morì di polmonite.
- la produzione. Nel suo insieme la produzione di L. abbraccia buona parte dei generi musicali allora correnti. Alle composizioni citate si devono ancora aggiungere: l’opera teatrale Don Sanche (1825), gli oratori Christus (1855-66) e La leggenda della santa Elisabetta (1862), 4 Messe per soli e/o coro e orchestra (fra cui la Messa per l’incoronazione , 1867) e un Requiem (1868), 2 Concerti (1830-49) e 3 Fantasie per pianoforte e orchestra, un tredicesimo poema sinfonico composto in tarda età (Dalla culla alla tomba, 1881) e i 2 celebri Mephisto-Walzer per orchestra (il primo, propriamente, La danza nel villaggio, 1860; il secondo del 1881); alcuni Duo per violino e pianoforte, circa 80 Lieder per canto e piano, moltissime pagine religiose su testo latino o tedesco per voci o coro con accompagnamento di pianoforte, organo o altri strumenti. Sterminata è la produzione pianistica, che conta, oltre ai titoli già ricordati, il ciclo Armonie poetiche e religiose (1845-52), un terzo quaderno di Anni di pellegrinaggio (1867-77), un secondo gruppo di 12 Studi trascendentali (1851), la serie definitiva di 19 Rapsodie ungheresi (1846-85), le due Leggende di S. Francesco (1863), e una miriade di studi e fantasie da concerto, marce, pezzi brillanti e caratteristici, parafrasi e pot-pourris di motivi d’opera (soprattutto di Rossini, Bellini, Donizetti, Meyerbeer, Weber, Wagner, Verdi). Inoltre, vari pezzi per organo, fra cui una Fantasia e fuga su corale (1850) e un Preludio e fuga sul nome di BACH (1855-70). Ugualmente ampio è il settore delle trascrizioni, sia per orchestra (soprattutto di composizioni proprie), sia per pianoforte (Lieder di Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schumann, Franz ecc.), per due pianoforti, per pianoforte a quattro mani, per organo. Della sua attività saggistica si ricordano gli scritti F. Chopin (1850) e Degli zingari e della loro musica in Ungheria (1859-81).
- i caratteri innovativi dell’opera pianistica e sinfonica. Tanto ampia e poliedrica produzione è dominata da un’assoluta libertà nei confronti degli schemi tradizionali, da una disinvolta indipendenza dalle convenzioni che porta il compositore ad assimilare quasi per istinto i tratti nuovi di un’epoca e i segni della modernità, ma anche a riunire insieme gli atteggiamenti più disparati e contraddittori: il pianista brillante e mondano e il compositore paludato e meditativo di musica religiosa, la rivisitazione di Bach e del contrappunto arcaico e l’esuberanza espressiva del poema sinfonico. Tale libertà lo accomuna all’altro grande esponente del pianismo romantico, Chopin, rispetto al quale, tuttavia, si colloca stilisticamente al polo opposto. Se il pianismo di Chopin ricerca l’intimità del salotto, le forme brevi e la perfezione del cesello, quello di L. presuppone invece le folle e la dimensione spettacolare dell’esibizione virtuosistica, predilige le sonorità irruenti, i grossi contrasti, le forme ampie che diano spazio all’improvvisazione acrobatica. Certo, nella miriade delle sue composizioni molte non si fanno apprezzare che per l’arditezza tecnica e la travolgente ricerca di effetti; ma in altri casi il virtuosismo si traduce in vera sperimentazione di nuove possibilità espressive e apertura verso spazi sonori inesplorati (si veda, per esempio, l’uso quasi timbrico-percussivo del pianoforte nella Totentanz, ammirata da Bartók). Innovativa è, in certa misura, anche la sua produzione orchestrale, dove, sull’esempio di Berlioz, assegna al timbro una nuova importanza e ricerca nuove vie della strumentazione (per esempio, nell’impiego dei fiati). Nonostante i titoli di carattere letterario, i poemi sinfonici di L. non sono «musica a programma» nel senso più stretto (come lo era la Sinfonia fantastica di Berlioz). Nel caso dei Préludes, per esempio, il riferimento alle Méditations poétiques di Lamartine è successivo alla composizione, l’idea poetica preposta alla partitura è, spesso, poco più che un suggerimento generico atto a fornire plausibilità e coerenza ideologica a una musica in cui i vincoli delle forme classiche vengono, se non elusi, decisamente allentati nella libera concatenazione degli episodi.