(Amiterno, Sabina, 86 - Roma 35 a.C.) uomo politico e storico romano. Nato da ricca famiglia plebea, iniziò la carriera politica nel 55 o 54 come questore e nel 52, come tribuno della plebe, fu deciso accusatore di Milone, difeso da Cicerone. Apparteneva al partito democratico e aveva personali risentimenti contro Milone, della cui moglie era amante e da cui era stato umiliato. Nel 50 i conservatori lo espulsero dal senato per immoralità, ma Cesare gli fece ottenere di nuovo la questura e ve lo riammise. Lo ebbe poi dalla sua parte nella guerra civile e, dopo la conquista della Numidia, gli affidò il governo della nuova provincia (Africa nova), dove S. accumulò senza scrupoli enormi ricchezze. Morto Cesare nel 44, si ritirò a vita privata, nei celebri Horti Sallustiani di Roma, dedicandosi agli studi storici.Con La congiura di Catilina (De coniuratione Catilinae), composta probabilmente nel 42, S. interrompe la tradizione annalistica e si occupa di un episodio di storia contemporanea, la congiura e il moto del 63-62, facendovi precedere un’analisi della condotta cesariana del 66-63 con riflesso sulle sue scelte politiche. In La guerra giugurtina (Bellum Jugurthinum), del 40 ca, nonostante le omissioni e le inesattezze, S. si dimostra capace di forti sintesi storiche e rivela vigore polemico nel denunciare l’incompetenza della nobilitas nella conduzione della guerra, e nel valorizzare le ragioni espansionistiche della classe mercantile. Le Storie (Historiae), la sua opera più impegnativa, furono stese fra il 40 e il 35 ca e andavano dal 78 al 67 a.C. ossia dalla morte di Silla alla guerra di Pompeo contro i pirati e continuavano quelle di Sisenna: ci sono giunti solo frammenti di 5 libri e alcuni discorsi. A S. si attribuiscono anche due epistole politiche a Cesare su un nuovo ordinamento dello stato; sicuramente spuria è invece un’invettiva contro Cicerone di scuola retorica.S. considerò la storiografia non solo come cronaca di fatti ma anche come ricerca delle loro cause; egli fu un interprete appassionato e acuto, nei limiti di un moralismo di fondo che è comune in tutta la storiografia antica. Il linguaggio, ricco di influenze catoniane, rivela tendenze stilistiche anti-ciceroniane: punta a un periodare serrato e vibrante, ricco di antitesi, ellissi, spezzature. Questo stile esercitò influenze profonde sugli storici successivi.