Ivan Goncarov è stato uno scrittore russo. Figlio di un facoltoso mercante, dopo l’università entrò nella burocrazia statale, dapprima come funzionario ministeriale, poi come censore. Conservatore moderato, scapolo irriducibile, condusse un’esistenza tranquilla, monotona, interrotta solo una volta da un «eroico» viaggio per mare in Estremo Oriente, descritto poi in La fregata Pallada (1855-57). Goncarov aveva già favorevolmente impressionato la critica realista con Una storia comune (1847), romanzo a tesi sulle delusioni e la finale sconfitta di un giovane idealista di provincia, quando nel 1859 un nuovo romanzo, Oblomov (cui seguì, dieci anni dopo, Il burrone), lo fece entrare a pieno diritto nel ristretto numero dei classici nazionali. Tipico di una certa inclinazione del romanzo russo (evidente, per es., in Turgenev) a svincolarsi dall’interesse specificamente narrativo, Oblomov è la storia di un nonfatto, di un’immobilità fisica e mentale che i ritmi lenti, ossessivi del racconto rendono con morbosa sottigliezza. Il personaggio di Oblomov, incatenato all’inazione da una sorta di paralisi spirituale, è l’emblema di un aspetto tragico e affascinante dello spirito russo: quella riluttanza ad accettare i «tempi» della realtà che ha remote radici nel fatalismo orientale, nell’esaltazione asiatica del primato della contemplazione sull’azione. Si spiega così il successo del termine oblomovismo, che, usato per la prima volta dal critico Dobroljubov, entrò subito nell’uso comune. Ma Oblomov (all’assoluto immobilismo del quale è contrapposto, nel romanzo, l’attivismo di Stolz, eroe tanto «positivo» quanto, nella sua schematicità, espressivamente mancato) è anche un tipico esponente della piccola nobiltà russa, e molti critici radicali del tempo poterono leggere il romanzo in chiave strettamente realistica, come un atto di accusa sociale. Il nome di Goncarov è legato, oggi, unicamente a Oblomov. Gli altri due romanzi, tolte le deliziose immagini di vita patriarcale di Il burrone, sono di livello incomparabilmente inferiore. Considerato come una delle opere più significative e perfette della narrativa russa ottocentesca, Oblomov non ebbe, nonostante il suo immenso successo, influssi diretti sui successivi sviluppi letterari, non indicò precise linee di gusto e di rinnovamento stilistico. La sua irripetibilità, la sua non esemplarità si spiegano, così come la sua straordinaria e inflessibile suggestione, col fatto che Goncarov riuscì a fissare una congerie di elementi preesistenti, o addirittura di detriti trovati nella tradizione e nella «moda» contemporanea, in un organismo quasi miracolosamente compiuto e dotato di un’infinita irradiazione simbolica.