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È stato un caso letterario qualche anno fa e tanto è bastato per farmi leggere questo libro spinto dalla curiosità del successo. Il racconto è nella prima parte estremamente lento, non pesante, ma poco incalzante. Si alternano sporadici avvenimenti a digressioni dai connotati filosofici. L epilogo è molto poco convincente, così come l alternanza delle due voci delle protagoniste. Non mi sento di bocciarlo, ma non lo consiglierei.
Letto alcuni anni fa. Trama insipida e sconclusionata. Pagine e pagine di gran noia. Non terminato e dato via a chi voleva leggerlo.
Libro noiosissimo e soporifero, il nulla assoluto. Una portinaia esperta di ogni materia, ci manca poco che abbia una laurea in fisica quantistica. Una storia assurda: perchè sprecare la vita in portineria se possiede un tale bagaglio culturale? Mai letto un libro così pesante, lo consiglio solo a chi soffre d'insonnia. Mai letto niente di così brutto e monotono. Bocciatissimo!
Recensioni
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«Mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni. Da ventisette sono la portinaia al numero 7 di rue de Grenelle, un bel palazzo privato con cortile e giardino interni, suddiviso in otto appartamenti di lusso, tutti abitati, tutti enormi. Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l'alito di un mammut. Non ho studiato, sono sempre stata povera, discreta e insignificante.»
Eccoci ancora una volta di fronte a un "caso" editoriale particolare. Perché i lettori italiani hanno subito scoperto e comprato questo romanzo? Eppure dell'autrice in Italia è stato pubblicato un solo titolo nel 2001 Una golosità, gran bel libro in effetti, ma notato da pochi.
Dunque qual è l'arcano? La copertina (graziosa ma non eccezionale), il titolo (divertente ma neppure questo straordinario) o la fascetta che avvolge il volume dove si legge che si tratta di un best seller francese? Sì, forse è questo che fa prendere in mano il libro, invoglia a sfogliarlo e poi a comprarlo. Sì, deve essere questo che ha convinto i primi lettori italiani a portarsi a casa il romanzo (qualcuno forse già sapeva che in Francia ha venduto più di 600.000 copie occupando la prima posizione in classifica per molte settimane di fila, spodestata solo da Amélie Nothomb...).
Anch'io sono curiosa e inizio la lettura. E capisco. Certo, ecco perché. Perché l'autrice ci fa entrare in un palazzo parigino e ci fa conoscere i suoi abitanti, come Remi Waterhouse ha fatto nel 2002 con il suo bel film "Riunione di condominio" o in precedenza aveva fatto Cédric Klapish raccontandoci le case del quartiere parigino della Bastiglia e i suoi abitanti in "Ognuno cerca il suo gatto".
È una narrazione molto filmica, molto visiva, con una pulizia quasi fotografica, se escludiamo le eccessive dissertazioni filosofiche non sempre brillanti.
Le voci narranti sono due: la portinaia che racconta la quotidianità della sua esistenza e del palazzo e la piccola Paloma, che conosciamo attraverso le pagine del suo diario. È già un film, con le giuste inquadrature, gli stacchi, i primi piani e le carrellate. Ritmicamente l'autrice entra nell'animo di un personaggio, poi ne riesce per guardare la scena da lontano: osserva, racconta, torna dentro un appartamento e ne riesce portandosi dietro la vita di qualcuno che sentiamo come reale, vivo davvero.
La portinaia è un piccolo capolavoro alla Simenon, rintanata nella sua guardiola con l'immancabile gatto e con una "facciata" tradizionale ma un "retro" sorprendente. Altrettanto divertente la ragazzina, figlia di un ricco deputato (del resto si tratta di un condominio di ricchi) e di una laureata in lettere un po' svampita, che paragona la concierge a un hérisson, a un riccio, senza sapere di esserlo anche lei. Una ragazzina che ha capito troppo presto il senso dell'esistenza - "la gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia" - che giudica il mondo e crede di essere migliore della maggioranza dei suoi abitanti. Tanto da volere farla finita il giorno del suo tredicesimo compleanno.
C'è poi la domestica portoghese di casa de Broglie che invece di rientrare nello stereotipo della gretta donna delle pulizie è una vera aristocratica che "sebbene circondata dalla volgarità, non ne viene sfiorata". Non può che essere la migliore amica di quella portinaia che fa finta di guardare programmi trash in tv e invece ascolta Mahler.
Accanto a queste donne (soprattutto alla portinaia Renée e alla giovane Paloma) ruota il mondo aristocratico, snob, irritante del palazzo: i Pallières al sesto piano, i Josse al quinto (la famiglia di Paloma), gli Arthens al quarto, i Siant-Nice e i Badoise al terzo, i Meurisse e i Rosen al secondo e i de Broglie al primo.
Poi a rimescolare le carte del condominio arriva un giapponese, monsieur Kakuro Ozu, ricco, certo, ma attento alle persone che gli stanno accanto, l'unico a comprendere l'eleganza del riccio. E così, grazie a lui, le due narrazioni si avvicinano e diventano parallele e le due donne scoprono le loro affinità elettive.
Forse l'autrice eccede in dissertazioni e citazioni che in questo genere di romanzo bloccano la storia, la irrigidiscono. È l'unico neo (autoreferenziale?) di una storia originale e un po' amara, che cattura il lettore.
Probabilmente per questo motivo Mona Achache, la sceneggiatrice che ha il compito di adattarla per un film prodotto da Anne-Dominique Toussaint ha dichiarato che, malgrado l'apparenza, "non si tratta di un testo facile, lineare. C'è un grosso lavoro da svolgere", un lavoro che sta portando avanti dal gennaio 2007. A chi domanda quando inizieranno le riprese rispondono di attendere: non c'è ancora un cast e le difficoltà sono molte. Una di queste è, come ha scritto una lettrice sul blog di Muriel Barbery, che la sola Renée immaginabile purtroppo non c'è più: era Simone Signoret.
Titolo originale: L'élegance du hérisson
Recensione alla prima edizione del romanzo di Giulia Mozzato
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